Il Legislatore con la Legge 125 del 2008 (c.d. “pacchetto sicurezza”) ha introdotto nel nostro ordinamento nuove fattispecie di reato e nuovi istituti al fine di migliorare e rendere piu' efficaci gli strumenti sino ad ora utilizzati per arginare e contrastare l'ingresso o il mancato allontanamento di stranieri non in regola con i necessari permessi richiesti dalla legge.
LA FATTISPECIE INCRIMINATORIA
Uno
degli interventi predetti e' stato quello che ha profondamente innovato
l'illecito di occupazione di lavoratori stranieri irregolari.
L'art.
22, comma 12, T.U. Immigrazione, alla luce delle modifiche a seguito
del c.d. “pacchetto sicurezza”, prevede che il datore di lavoro
che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di
soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e
del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o
annullato, e' punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di
5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.
L'innovazione
e' del tutto evidente: rispetto al vecchio testo, il “nuovo” illecito,
comporta la “qualificazione” della condotta illecita sopra descritta da
semplice contravvenzione a vero e proprio delitto. Inoltre, la pena detentiva e'
piu' che raddoppiata.
LA CONDOTTA OGGETTIVA
Riguardo
all'elemento obbiettivo, il Legislatore punisce il datore di lavoro che occupa
alle proprie dipendenze stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui
permesso sia scaduto, revocato o annullato.
Alla
luce della giurisprudenza della Suprema Corte che aveva interpretato il vecchio
testo dell'art. 22, comma 12, T.U. Immigrazione, con la figura del “datore di
lavoro” non si intende solo l'imprenditore o colui che amministra e gestisce
una qualsivoglia attivita' lavorativa, ma chiunque assume di fatto alla proprie
dipendenze lo straniero al fine di utilizzarne la forza lavoro dietro compenso.
Pertanto, puo' essere considerato reo anche il semplice privato che assume
alle proprie dipendenze una singola persona per una qualsivoglia collaborazione
subordinata (Cass. 4 aprile 2003).
In
tale ambito, rientrano sicuramente nella fattispecie incriminatoria in esame
anche l'assunzione di collaboratrici domestiche e badanti irregolari.
Quanto
ai lavoratori, il dato letterale non deve trarre in errore: anche se il
Legislatore utilizza il sostantivo plurale “lavoratori”, il succitato
delitto viene commessa anche da chi “occupa” solo ed esclusivamente un unico
lavoratore straniero irregolare.
Poi,
nessuna differenza puo' sussistere se il datore di lavoro si sia avvalso del
lavoratore irregolare in modo stabile o meno, in quanto la norma non distingue
tra rapporti di lavoro stabili o soggetti a condizione/termine.
Infine,
il delitto de quo sussiste anche nel caso in cui lo
straniero abbia inoltrato richiesta di regolarizzazione solo a seguito
dell'inizio dell'attivita' lavorativa,.
L'ELEMENTO SOGGETTIVO
Ai
fini della sussistenza della figura delittuosa di specie, la condotta del datore
di lavoro deve essere connotata dal dolo semplice. Pertanto il reo deve
essere consapevole di “assumere” alle proprie dipendenza un lavoratore
irregolare, senza la volonta' di trarre alcun particolare profitto rispetto
all'assunzione di un eventuale lavoratore ordinario.
DIFFERENZA CON IL REATO DI
FAVOREGGIAMENTO
Proprio
l'elemento elemento psichico del dolo semplice distingue la fattispecie in esame
da quella ben piu' grave di favoreggiamento della permanenza illegale di uno
straniero sul territorio dello Stato ex art. 12, comma 5, T.U. Immigrazione.
Tale norma prevede che fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo
che il fatto non costituisca piu' grave reato, chiunque, al fine di trarre un
ingiusto profitto dalla condizione di illegalita' dello straniero o nell'ambito
delle attivita' punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di
questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo
unico, e' punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a
lire trenta milioni”. Questa ultima fattispecie, cioe' il
favoreggiamento, si distingue da quella di occupazione dello straniero
irregolare in quanto il reo agisce con dolo specifico, cioe' con la
consapevolezza e la volonta' di approfittare e trarre cosi' un ingiusto profitto
dalla situazione di clandestinita' in cui si torva dell'immigrato. Esempio
classico, il fatto imporre al lavoratore condizioni gravose, ingiustificate e
discriminatorie (per orario e retribuzione) rispetto ad un rapporto di lavoro
ordinario.
Quindi,
in buona sostanza, se la condotta del datore di lavoro e' caratterizzata dal
dolo semplice (come sopra spiegato), egli rispondera' solo del reato di
occupazione di lavoratore irregolare. Invece se la sua condotta e' connotata dal
dolo specifico, allora il datore di lavoro dovra' rispondere al ben piu' grave
reato di favoreggiamento.
CONSUMAZIONE DELL'ILLECITO
Infine,
il delitto in esame si consuma nel momento in cui il datore di lavoro inizia
materialmente ad avvalersi del lavoratore straniero irregolare.
IN CONCLUSIONE
Tale
figura si inserisce nel quadro dei provvedimenti urgenti finalizzati a
contrastare l'illegalita' derivante dal permanere sul territorio nazionale di
immigrati clandestini. Con tale fattispecie, il Legislatore intende sanzionare
pesantemente chi, a vario titolo, “favorisce” o comunque alimenti la
permanenza degli stranieri irregolari sul nostro territorio. Cio' proprio al
fine di rispondere ad una esigenza di sicurezza avvertita in questo periodo
storico da tutte le fasce della popolazione. Con tale fattispecie criminosa e'
ragionevole prevedere una fortissima diminuzione dell'utilizzo di manodopera
straniera irregolare. Come specificato, l'elemento centrale di tale illecito si
ravvisa nel dolo generico. Proprio detto elemento soggettivo Proprio
l'elemento psichico distingue detto delitto da quello, ben piu' grave, di favoreggiamento
della permanenza illegale di uno straniero sul territorio dello Stato ex art.
12, comma 5, T.U. Immigrazione.
Avv. Luigi Modaffari
Fonte: La previdenza.it
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