Denuncia dei sindacati: gia' scoperti duecento casi. Sotto accusa piccole imprese edili
Cantieri, operai clandestini «clonati»
Immigrati registrati con lo stesso nome. Fino a 3 mila euro per un documento copiato
MILANO - Manovali «clonati». Dieci, venti, trenta operai con lo stesso nome negli archivi di Inps, Inail, collocamento. Di cui uno solo in regola. E gli altri clandestini con documenti fotocopia. Complice la «stupidita'» delle banche dati del lavoro. Questa la nuova copertura del lavoro nero a Milano denunciata dalla cassa edile della provincia. «Solo noi abbiamo rilevato poco meno di 200 casi», lancia l'allarme Ferdinando Lioi, segretario Feneal Uil, nonche' vice presidente dell'ente bilaterale gestito da sindacati e datori di lavoro. E la direzione provinciale del Lavoro conferma: «Si tratta di episodi sempre piu' frequenti, ci stiamo coordinando con le altre istituzioni per affrontare il fenomeno».
Il meccanismo e' il seguente. Il vincitore di un appalto a sua volta subappalta tenendosi qualcosa in tasca. L'ultimo anello della catena degli appalti — spesso una piccola impresa con titolare straniero — si trova a fare il lavoro con margini ridotti all'osso. Allora ingaggia personale in nero. E quando si tratta di presentare il Durc (documento unico di regolarita' contributiva) l'impresa cerca qualcuno disposto a falsificarlo. «C'e' un mercato dei documenti contraffatti. I fornitori sono spesso studi italiani che hanno come clienti solo piccole imprese straniere. Mediamente una carta d'identita' falsa costa 300 euro, un permesso di soggiorno 350, per un passaporto si arriva a 3.000. Ma i prezzi variano molto anche a seconda della nazionalita' di chi li chiede», dicono gli ispettori della cassa.
Le falsificazioni spesso sono smaccate. In molti casi si fanno fotocopie di un documento vero con la foto cambiata. E cosi' succede che molti lavoratori stranieri dell'edilizia (ma anche della logistica o delle pulizie) acquisiscano il dono dell'ubiquita'. La cassa edile di Milano ha registrato casi di lavoratori stranieri che avevano un rapporto di lavoro aperto contemporaneamente in una cinquantina di aziende. La moltiplicazione dei documenti genera episodi limite. «Quando un lavoratore si infortuna, i famigliari arrivano allarmati in cantiere. Per poi scoprire che non si tratta del marito, del figlio o del fratello, ma di uno sconosciuto con lo stesso nome del proprio congiunto», raccontano alla cassa edile. La registrazione informatica dei rapporti di lavoro dovrebbe aiutare a scoprire le attivita' multiple e quindi sospette. Ma cosi' non e'. Le direzioni provinciali del lavoro intervengono con le loro verifiche solo su segnalazione: niente controlli a campione. In compenso potrebbero fare verifiche ministero del Lavoro, Inps e Inail. Ma finora nessuno si e' mosso.
Rita Querze'
12 gennaio 2009
Fonte:
Corriere della Sera, Vai all'articolo originale.
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