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sentenze e pareri: DICHIARAZIONE IN GARA DI SENTENZA DI CONDANNA - anche se la condanna non riguarda reati sul lavoro, la stessa deve essere comunque dichiarata in sede di gara.
12/04/2010

AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI
PARERE N. 1 DEL 14/01/2010


Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006 presentata dalla Societa' Consortile Lunica a r.l. – Lavori di rifacimento della pavimentazione stradale e del sottofondo di alcune strade comprese nel territorio del Municipio “Roma Centro Storico” – lotto A 2008 – Importo a base d'asta € 410.342,18 – S.A.: Comune di Roma Municipio I


Il Consiglio

Vista la relazione dell'Ufficio del Precontenzioso


Considerato in fatto

In data 21 maggio 2009 e' pervenuta all'Autorita' l'istanza di parere indicata in epigrafe, con la quale la Societa' Consortile Lunica a r.l. segnalava che il legale rappresentante della [omissis], capogruppo mandataria del R.T.I aggiudicatario provvisorio dell'appalto di lavori in oggetto, non aveva dichiarato la sussistenza a suo carico di una sentenza penale gia' passata in giudicato, violando cosi', a suo avviso, l'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006; cio' in quanto la semplice omissione, in sede di presentazione dell'offerta, dell'indicazione della detta circostanza equivarrebbe ad una falsa dichiarazione sul possesso del requisito di cui al medesimo art. 38.

A riscontro della richiesta di informazioni formulata dall'Autorita' nell'istruttoria procedimentale, il Comune di Roma, Municipio I, con nota del 23 luglio 2009, trasmetteva la Determinazione Dirigenziale n. 1069 del 9 giugno 2009 di aggiudicazione definitiva dell'appalto all'aggiudicatario provvisorio.

In tale provvedimento, in primo luogo, si evidenziava che, a seguito degli accertamenti eseguiti, risultava a carico del suddetto legale rappresentante, nonche' Amministratore Unico e Direttore Tecnico della [omissis]. una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti del Tribunale di Sala Consilina, con beneficio della sospensione condizionale della pena stessa, divenuta irrevocabile in data 8 maggio 2005, per il reato di omicidio colposo conseguente ad un sinistro stradale, mentre in sede di gara lo stesso legale rappresentante aveva dichiarato, a pena di esclusione, in relazione al punto 5.2 del Disciplinare di gara, di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione previste dall'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e di non aver riportato condanne per le quali avesse beneficiato della non menzione. Si evidenziava, inoltre, che la materia risultava oltremodo complessa e controversa e che una recentissima sentenza del TAR Lazio (Sez. II, 20 aprile 2009, n. 3984) coinvolgente la medesima impresa aggiudicataria contro altra stazione appaltante che l'aveva esclusa da una gara per non avere dichiarato il legale rappresentante l'esistenza del predetto precedente penale, concludeva nel senso che per escludere occorre che il reato sia incidente sulla moralita' professionale e che tale collegamento spetta, salvo i casi prescrittivamente disciplinati, in modo discrezionale alla stazione appaltante. Pertanto, stante la citata sentenza, giudicando il Comune di Roma, Municipio I, il reato non dichiarato di omicidio colposo non incidente sulla moralita' ed essendo prioritaria l'esigenza di affidare senza indugio l'appalto in questione disponeva l'aggiudicazione definitiva dello stesso al RTI costituendo tra [omissis](mandataria) e [omissis] mandante.


Ritenuto in diritto

Come e' noto, l'art. 38, comma 1, lettera c) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 163/2006), che ricalca quasi integralmente il pregresso art. 75, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 554/1999, stabilisce che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di gara per il conferimento di appalti e concessioni i soggetti “nei cui confronti e' stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunita' che incidono sulla moralita' professionale”. Di conseguenza, con i citati soggetti non e' possibile stipulare i relativi contratti.

Al riguardo occorre chiarire, in via preliminare, che l'esclusione e' da intendersi come automatica ed obbligatoria solo per i reati specificati dalla stessa disposizione in esame (“reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'art 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18”) e, piu' in generale, nel caso in cui ricorrano gli estremi di applicazione dell'articolo 32-quater del codice penale (“casi nei quali alla condanna consegue l'incapacita' di contrattare con la Pubblica amministrazione”), cioe' la commissione di uno degli indicati delitti (malversazione a danno dello Stato; concussione; corruzione per un atto d'ufficio; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; etc.) e la sua realizzazione a danno o a vantaggio di un'attivita' imprenditoriale. Peraltro, ai sensi dell'articolo 32-ter del codice penale, l'incapacita' di contrattare con la Pubblica Amministrazione non puo' avere durata inferiore ad un anno, ne' superiore a tre anni, e va dichiarata dal giudice penale. Al di fuori degli indicati reati, l'esclusione di un'impresa da una pubblica gara, in presenza di un reato, e' oggetto di una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, diretta a verificarne l'incidenza sulla cosiddetta “moralita' professionale”.

Il concetto di “moralita' professionale” per i suoi caratteri di astratta vaghezza ha reso necessario piu' di un intervento chiarificatore - tra l'altro - dell'Autorita', la quale ha avuto modo di specificare (cfr. da ultimo parere n. 114 del 22 ottobre 2009) che tale concetto delimita il campo di applicazione della causa di esclusione a quei fatti illeciti che manifestano una radicale e sicura contraddizione con i principi deontologici della professione e che la mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericita' della prescrizione normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale per la stazione appaltante, che consente alla stessa margini di flessibilita' operativa al fine di un apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con considerazione di tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali ad esempio, l'elemento psicologico, la gravita' del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive.

Inoltre, la citata norma fa riferimento alla “gravita'” dei reati oggetto della valutazione, elemento che presuppone una ponderazione circostanziata e selettiva degli stessi. Conseguentemente, e' la stazione appaltante a dover valutare discrezionalmente l'incidenza di una condanna sulla moralita' professionale dell'appaltatore con riferimento al tipo di reato commesso, fornendo, altresi', in relazione alla decisione adottata, adeguata e congrua motivazione. Pertanto, i margini di insindacabilita' attribuiti all'esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione non consentono alla stazione appaltante di prescindere dal dare contezza di aver effettuato una concreta valutazione dell'incidenza della condanna sul vincolo fiduciario, mediante una accurata indagine della rispondenza della fattispecie di reato a tutti gli elementi che delineano l'ipotesi di esclusione individuata dall'articolo 38, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 163/2006.

Peraltro, come indicato dalla giurisprudenza (ex multis, TAR Piemonte, sez. I, n. 1857/2002), l'espressione si riferisce, non tanto alle competenze professionali dell'imprenditore aspirante contraente con la Pubblica Amministrazione, quanto piuttosto ad una nozione ampia, comprendente la condotta e la gestione di tutta l'attivita' professionale. Ne possono, quindi, esulare solo quei fatti, estranei allo svolgimento dell'attivita' professionale, che riguardino esclusivamente la condotta personale del soggetto che partecipi alla gara.

E' ben evidente, dunque, che la stazione appaltante deve aprire uno specifico procedimento di valutazione sulle dichiarazioni rese in ordine alle condanne subite dal titolare dell'impresa e dagli altri soggetti obbligati (direttore tecnico, amministratore con poteri di rappresentanza). Tuttavia, la questione fondamentale che si pone - con particolare riguardo alla fattispecie in esame - e' se vadano dichiarati tutti i reati acclarati da provvedimenti giudiziari di condanna divenuti definitivi.

Tale problema sorge perche' si potrebbe essere indotti (talora in buona fede, ma sovente, no) a ritenere che, siccome la valutazione discrezionale, di competenza dell'Amministrazione, deve vertere sull'incidenza dei reati sulla moralita' professionale, allora l'imprenditore potrebbe dichiarare solo quei reati che, a suo parere, possano avere un profilo di incidenza. In altri termini, l'imprenditore si sostituisce alla stazione appaltante, non dichiara tutti i reati per i quali ha subito condanne, ma solo quelli che, secondo la sua personale opinione, possano essere oggetto di valutazione di incidenza. Cio' che evidentemente e' avvenuto nel caso del legale rappresentante dell'impresa aggiudicataria, il quale non ha dichiarato, unitamente alla presentazione dell'offerta, di avere a proprio carico un precedente penale per omicidio colposo (nel contesto di un sinistro stradale).

Sulla questione in esame si e' espressa piu' volte la giurisprudenza amministrativa, il cui prevalente orientamento e' nel senso che sussiste la necessita' di dichiarare tutte le sentenze di condanna subite (cd. obbligo integrale di dichiarazione dei reati).

Al riguardo, il Consiglio di Stato con una recentissima sentenza (emanata lo stesso giorno di quella del TAR Lazio - di segno opposto - citata dalla stazione appaltante) ha ribadito che “La legge obbliga i partecipanti alle gare a rendere dichiarazioni complete e veritiere e, quindi, recanti l'esatta indicazione di tutti i precedenti penali, ivi inclusi quelli per i quali sia stato concesso il beneficio della non menzione”, evidenziando, a sostegno di tale esegesi, che, “qualora difettasse la precisa ed esaustiva rappresentazione di tutte le condotte penalmente rilevanti ascritte ai soggetti di cui all'art. 38, la stazione appaltante non sarebbe in grado di stimarne la gravita' e l'eventuale incidenza sul requisito della moralita' professionale. Nessuno spazio valutativo e' dunque possibile riconoscere in questo ambito ai concorrenti, essendo costoro tenuti ad attestare puntualmente, senza possibilita' di operare alcuna distinzione tra i reati oggetto di dichiarazione, quale sia la posizione dei loro amministratori, in carica o no, di fronte alla legge penale” (Cons. di Stato, Sez. V, 20 aprile 2009, n. 2364). L'impresa concorrente ad un pubblico appalto non puo' quindi sindacare essa stessa l'incidenza effettiva del reato compiuto sulla propria moralita' professionale, avendo invece l'onere di dichiarare alla stazione appaltante tutte le condanne subite dai soggetti obbligati individuati dall'art. 38, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 163/2006. La non veridicita' della dichiarazione integra quindi una autonoma causa di esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all'idoneita' della condanna riportata ad incidere sulla moralita' professionale dell'impresa(in tal senso, ancora piu' di recente, TAR Lazio, Sez. III quater, 27 agosto 2009, n. 8304 e Cons. di Stato, Sez. V, 12 aprile 2007, n. 1723)perche' la valutazione circa la sussistenza del requisito della moralita' professionale spetta alla stazione appaltante e non al concorrente, sicche' quest'ultimo non ha il potere di anticipare tale giudizio omettendo nella sua dichiarazione dati penalmente rilevanti (Cons. di Stato, Sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6221).

Anche l'Autorita' si e' espressa sulla questione in esame, assumendo una posizione che tende a valorizzare le peculiarita' specifiche del caso di volta in volta esaminato, conferendo una rilevanza decisiva alla violazione di una particolare disposizione della lex specialis ovvero all'effettiva sussistenza di un precedente penale incidente sulla moralita' professionale non evidenziato dal partecipante alla gara al momento della presentazione dell'offerta. In tale ottica, in particolare nel parere n. 75 del 9 luglio 2009 l'Autorita' ha rilevato che «la stazione appaltante, puo', in ragione della preminente tutela dell'interesse pubblico alla selezione di un concorrente moralmente e professionalmente affidabile, chiedere ai partecipanti una dichiarazione sostitutiva, resa dagli stessi sotto la loro responsabilita', molto piu' ampia rispetto alla dichiarazione di insussistenza delle specifiche condizioni previste dal comma 1, lett. c) dell'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, onerando i concorrenti ad una dettagliata elencazione di tutte le condanne subite, senza eccezione alcuna, compresi i reati estinti e depenalizzati, con l'ulteriore specificazione delle condanne contenenti il beneficio della non menzione. Ne discende che, in tale ambito disciplinare, i partecipanti alla gara erano obbligati a rendere una dichiarazione veritiera, attestando tutti i reati commessi dai soggetti tenuti alla dichiarazione medesima, compresi gli eventuali reati gia' estinti o depenalizzati (in tal senso vedi Cons. Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5053)».

Dalle considerazioni sopra esposte - dalle quali non v'e' motivo di discostarsi - deriva che nella fattispecie in esame assume rilevanza decisiva la specifica circostanza che il disciplinare di gara, al punto 5.2., richiamando in grassetto il dettato di cui all'art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, espressamente stabiliva, a pena di esclusione, l'obbligo in capo ai concorrenti di rendere non una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell'art. 38, bensi' “Dichiarazione del titolare o del/i legale/i rappresentante/i dell'impresa di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione previste dall'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nonche' l'indicazione di eventuali condanne per le quali il dichiarante abbia beneficiato della non menzione”. Conseguentemente, in tale ambito disciplinare, i partecipanti alla gara erano obbligati a rendere una dichiarazione completa e veritiera, attestando tutti i reati commessi dai soggetti tenuti alla dichiarazione medesima.

Non puo' pertanto essere condiviso il minoritario orientamento giurisprudenziale, richiamato dalla stazione appaltante, secondo il quale “la mancata dichiarazione da parte del rappresentante legale di una ditta concorrente circa un precedente penale che non abbia alcun riflesso negativo sul requisito della "moralita' professionale", non puo' determinare - ex se ed in assenza di invito, da parte della stazione appaltante, alla integrazione documentale ovvero a fornire chiarimenti - l'esclusione della concorrente dalla selezione ovvero […] la non aggiudicazione definitiva in suo favore (per quell'unica ragione)”, ne' l'ulteriore considerazione che “ad ogni modo opera, quale previsione normativa di chiusura, l'art. 46 del Codice dei contratti pubblici, per effetto del quale l'Amministrazione procedente non puo' escludere dalla selezione la concorrente che abbia reso una dichiarazione incompleta, onerando la stazione appaltante del compito di invitare i concorrenti alla integrazione documentale ovvero a fornire chiarimenti su aspetti dubbi che potrebbero comportare l'esclusione dalla selezione e cio' quale diretta proiezione del principio comunitario della massima partecipazione alle gare pubbliche.” (TAR Lazio, Sez. II, n. 3984/2009 cit.),

Nel caso di specie, infatti, non si tratta di “completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati” (ex art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), al fine di far valere, nel rispetto della par condicio, la sostanza in presenza di irregolarita' o incompletezze squisitamente formali, tenuto conto che il disciplinare di gara richiedeva espressamente ai concorrenti, in modo non equivoco e a pena di esclusione, di rendere una dichiarazione piu' ampia rispetto alla generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell'art. 38, obbligandoli in tal modo ad una dettagliata elencazione di tutte le condanne subite, comprese quelle contenenti il beneficio della non menzione, e che non e' dubitabile che il legale rappresentante, nonche' Amministratore Unico e Direttore Tecnico della [omissis], riguardando la dichiarazione richiesta i propri precedenti penali, conoscesse perfettamente le condanne pronunciate a proprio carico, anche se non fossero risultanti dal certificato del casellario giudiziale. In tali circostanze l'invito all'integrazione documentale comporterebbe, in realta', la sostituzione di una dichiarazione, gia' resa in sede di offerta, con un'altra dichiarazione di diverso tenore letterale e significato, con evidente violazione del principio della par condicio dei concorrenti (in tal senso, Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 2003, n. 5463; Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2001, n. 4586).


In base a quanto sopra considerato


Il Consiglio

ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l'operato della stazione appaltante non e' conforme alla lex specialis e alla normativa di settore.


Firmato:

I Consiglieri Relatori: Giuseppe Borgia, Andrea Camanzi

Il Presidente: Luigi Giampaolino

Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 9 febbraio 2010
 

 


 
 
 
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