AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI
PARERE N. 1 DEL 14/01/2010
Oggetto: Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6,
comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006 presentata dalla Societa' Consortile
Lunica a r.l. – Lavori di rifacimento della pavimentazione stradale e del
sottofondo di alcune strade comprese nel territorio del Municipio “Roma Centro
Storico” – lotto A 2008 – Importo a base d'asta € 410.342,18 – S.A.: Comune di
Roma Municipio I
Il Consiglio
Vista la relazione dell'Ufficio del Precontenzioso
Considerato in fatto
In data 21 maggio 2009 e' pervenuta all'Autorita' l'istanza di parere indicata in
epigrafe, con la quale la Societa' Consortile Lunica a r.l. segnalava che il
legale rappresentante della [omissis], capogruppo mandataria del R.T.I
aggiudicatario provvisorio dell'appalto di lavori in oggetto, non aveva
dichiarato la sussistenza a suo carico di una sentenza penale gia' passata in
giudicato, violando cosi', a suo avviso, l'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006; cio' in
quanto la semplice omissione, in sede di presentazione dell'offerta,
dell'indicazione della detta circostanza equivarrebbe ad una falsa dichiarazione
sul possesso del requisito di cui al medesimo art. 38.
A riscontro della richiesta di informazioni formulata dall'Autorita'
nell'istruttoria procedimentale, il Comune di Roma, Municipio I, con nota del 23
luglio 2009, trasmetteva la Determinazione Dirigenziale n. 1069 del 9 giugno
2009 di aggiudicazione definitiva dell'appalto all'aggiudicatario provvisorio.
In tale provvedimento, in primo luogo, si evidenziava che, a seguito degli
accertamenti eseguiti, risultava a carico del suddetto legale rappresentante,
nonche' Amministratore Unico e Direttore Tecnico della [omissis]. una sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti del Tribunale di Sala Consilina,
con beneficio della sospensione condizionale della pena stessa, divenuta
irrevocabile in data 8 maggio 2005, per il reato di omicidio colposo conseguente
ad un sinistro stradale, mentre in sede di gara lo stesso legale rappresentante
aveva dichiarato, a pena di esclusione, in relazione al punto 5.2 del
Disciplinare di gara, di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione
previste dall'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e di non aver riportato condanne
per le quali avesse beneficiato della non menzione. Si evidenziava, inoltre, che
la materia risultava oltremodo complessa e controversa e che una recentissima
sentenza del TAR Lazio (Sez. II, 20 aprile 2009, n. 3984) coinvolgente la
medesima impresa aggiudicataria contro altra stazione appaltante che l'aveva
esclusa da una gara per non avere dichiarato il legale rappresentante
l'esistenza del predetto precedente penale, concludeva nel senso che per
escludere occorre che il reato sia incidente sulla moralita' professionale e che
tale collegamento spetta, salvo i casi prescrittivamente disciplinati, in modo
discrezionale alla stazione appaltante. Pertanto, stante la citata sentenza,
giudicando il Comune di Roma, Municipio I, il reato non dichiarato di omicidio
colposo non incidente sulla moralita' ed essendo prioritaria l'esigenza di
affidare senza indugio l'appalto in questione disponeva l'aggiudicazione
definitiva dello stesso al RTI costituendo tra [omissis](mandataria) e [omissis]
mandante.
Ritenuto in diritto
Come e' noto, l'art. 38, comma 1, lettera c) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs
n. 163/2006), che ricalca quasi integralmente il pregresso art. 75, comma 1,
lettera c) del D.P.R. n. 554/1999, stabilisce che sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di gara per il conferimento di appalti e
concessioni i soggetti “nei cui confronti e' stata pronunciata sentenza di
condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto
irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello
Stato o della Comunita' che incidono sulla moralita' professionale”. Di
conseguenza, con i citati soggetti non e' possibile stipulare i relativi
contratti.
Al riguardo occorre chiarire, in via preliminare, che l'esclusione e' da
intendersi come automatica ed obbligatoria solo per i reati specificati dalla
stessa disposizione in esame (“reati di partecipazione a un'organizzazione
criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari
citati all'art 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18”) e, piu' in generale, nel
caso in cui ricorrano gli estremi di applicazione dell'articolo 32-quater del
codice penale (“casi nei quali alla condanna consegue l'incapacita' di
contrattare con la Pubblica amministrazione”), cioe' la commissione di uno degli
indicati delitti (malversazione a danno dello Stato; concussione; corruzione per
un atto d'ufficio; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; etc.) e
la sua realizzazione a danno o a vantaggio di un'attivita' imprenditoriale.
Peraltro, ai sensi dell'articolo 32-ter del codice penale, l'incapacita' di
contrattare con la Pubblica Amministrazione non puo' avere durata inferiore ad un
anno, ne' superiore a tre anni, e va dichiarata dal giudice penale. Al di fuori
degli indicati reati, l'esclusione di un'impresa da una pubblica gara, in
presenza di un reato, e' oggetto di una valutazione discrezionale da parte della
stazione appaltante, diretta a verificarne l'incidenza sulla cosiddetta
“moralita' professionale”.
Il concetto di “moralita' professionale” per i suoi caratteri di astratta
vaghezza ha reso necessario piu' di un intervento chiarificatore - tra l'altro -
dell'Autorita', la quale ha avuto modo di specificare (cfr. da ultimo parere n.
114 del 22 ottobre 2009) che tale concetto delimita il campo di applicazione
della causa di esclusione a quei fatti illeciti che manifestano una radicale e
sicura contraddizione con i principi deontologici della professione e che la
mancanza di parametri fissi e predeterminati e la genericita' della prescrizione
normativa lascia un ampio spazio di valutazione discrezionale per la stazione
appaltante, che consente alla stessa margini di flessibilita' operativa al fine
di un apprezzamento delle singole concrete fattispecie, con considerazione di
tutti gli elementi delle stesse che possono incidere sulla fiducia contrattuale,
quali ad esempio, l'elemento psicologico, la gravita' del fatto, il tempo
trascorso dalla condanna, le eventuali recidive.
Inoltre, la citata norma fa riferimento alla “gravita'” dei reati oggetto della
valutazione, elemento che presuppone una ponderazione circostanziata e selettiva
degli stessi. Conseguentemente, e' la stazione appaltante a dover valutare
discrezionalmente l'incidenza di una condanna sulla moralita' professionale
dell'appaltatore con riferimento al tipo di reato commesso, fornendo, altresi',
in relazione alla decisione adottata, adeguata e congrua motivazione. Pertanto,
i margini di insindacabilita' attribuiti all'esercizio del potere discrezionale
dell'Amministrazione non consentono alla stazione appaltante di prescindere dal
dare contezza di aver effettuato una concreta valutazione dell'incidenza della
condanna sul vincolo fiduciario, mediante una accurata indagine della
rispondenza della fattispecie di reato a tutti gli elementi che delineano
l'ipotesi di esclusione individuata dall'articolo 38, comma 1, lettera c), del
D.Lgs. n. 163/2006.
Peraltro, come indicato dalla giurisprudenza (ex multis, TAR Piemonte, sez. I,
n. 1857/2002), l'espressione si riferisce, non tanto alle competenze
professionali dell'imprenditore aspirante contraente con la Pubblica
Amministrazione, quanto piuttosto ad una nozione ampia, comprendente la condotta
e la gestione di tutta l'attivita' professionale. Ne possono, quindi, esulare
solo quei fatti, estranei allo svolgimento dell'attivita' professionale, che
riguardino esclusivamente la condotta personale del soggetto che partecipi alla
gara.
E' ben evidente, dunque, che la stazione appaltante deve aprire uno specifico
procedimento di valutazione sulle dichiarazioni rese in ordine alle condanne
subite dal titolare dell'impresa e dagli altri soggetti obbligati (direttore
tecnico, amministratore con poteri di rappresentanza). Tuttavia, la questione
fondamentale che si pone - con particolare riguardo alla fattispecie in esame -
e' se vadano dichiarati tutti i reati acclarati da provvedimenti giudiziari di
condanna divenuti definitivi.
Tale problema sorge perche' si potrebbe essere indotti (talora in buona fede, ma
sovente, no) a ritenere che, siccome la valutazione discrezionale, di competenza
dell'Amministrazione, deve vertere sull'incidenza dei reati sulla moralita'
professionale, allora l'imprenditore potrebbe dichiarare solo quei reati che, a
suo parere, possano avere un profilo di incidenza. In altri termini,
l'imprenditore si sostituisce alla stazione appaltante, non dichiara tutti i
reati per i quali ha subito condanne, ma solo quelli che, secondo la sua
personale opinione, possano essere oggetto di valutazione di incidenza. Cio' che
evidentemente e' avvenuto nel caso del legale rappresentante dell'impresa
aggiudicataria, il quale non ha dichiarato, unitamente alla presentazione
dell'offerta, di avere a proprio carico un precedente penale per omicidio
colposo (nel contesto di un sinistro stradale).
Sulla questione in esame si e' espressa piu' volte la giurisprudenza
amministrativa, il cui prevalente orientamento e' nel senso che sussiste la
necessita' di dichiarare tutte le sentenze di condanna subite (cd. obbligo
integrale di dichiarazione dei reati).
Al riguardo, il Consiglio di Stato con una recentissima sentenza (emanata lo
stesso giorno di quella del TAR Lazio - di segno opposto - citata dalla stazione
appaltante) ha ribadito che “La legge obbliga i partecipanti alle gare a rendere
dichiarazioni complete e veritiere e, quindi, recanti l'esatta indicazione di
tutti i precedenti penali, ivi inclusi quelli per i quali sia stato concesso il
beneficio della non menzione”, evidenziando, a sostegno di tale esegesi, che,
“qualora difettasse la precisa ed esaustiva rappresentazione di tutte le
condotte penalmente rilevanti ascritte ai soggetti di cui all'art. 38, la
stazione appaltante non sarebbe in grado di stimarne la gravita' e l'eventuale
incidenza sul requisito della moralita' professionale. Nessuno spazio valutativo
e' dunque possibile riconoscere in questo ambito ai concorrenti, essendo costoro
tenuti ad attestare puntualmente, senza possibilita' di operare alcuna
distinzione tra i reati oggetto di dichiarazione, quale sia la posizione dei
loro amministratori, in carica o no, di fronte alla legge penale” (Cons. di
Stato, Sez. V, 20 aprile 2009, n. 2364). L'impresa concorrente ad un pubblico
appalto non puo' quindi sindacare essa stessa l'incidenza effettiva del reato
compiuto sulla propria moralita' professionale, avendo invece l'onere di
dichiarare alla stazione appaltante tutte le condanne subite dai soggetti
obbligati individuati dall'art. 38, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 163/2006.
La non veridicita' della dichiarazione integra quindi una autonoma causa di
esclusione dalla gara, a prescindere dalla valutazione in ordine all'idoneita'
della condanna riportata ad incidere sulla moralita' professionale
dell'impresa(in tal senso, ancora piu' di recente, TAR Lazio, Sez. III quater, 27
agosto 2009, n. 8304 e Cons. di Stato, Sez. V, 12 aprile 2007, n. 1723)perche' la
valutazione circa la sussistenza del requisito della moralita' professionale
spetta alla stazione appaltante e non al concorrente, sicche' quest'ultimo non ha
il potere di anticipare tale giudizio omettendo nella sua dichiarazione dati
penalmente rilevanti (Cons. di Stato, Sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6221).
Anche l'Autorita' si e' espressa sulla questione in esame, assumendo una posizione
che tende a valorizzare le peculiarita' specifiche del caso di volta in volta
esaminato, conferendo una rilevanza decisiva alla violazione di una particolare
disposizione della lex specialis ovvero all'effettiva sussistenza di un
precedente penale incidente sulla moralita' professionale non evidenziato dal
partecipante alla gara al momento della presentazione dell'offerta. In tale
ottica, in particolare nel parere n. 75 del 9 luglio 2009 l'Autorita' ha rilevato
che «la stazione appaltante, puo', in ragione della preminente tutela
dell'interesse pubblico alla selezione di un concorrente moralmente e
professionalmente affidabile, chiedere ai partecipanti una dichiarazione
sostitutiva, resa dagli stessi sotto la loro responsabilita', molto piu' ampia
rispetto alla dichiarazione di insussistenza delle specifiche condizioni
previste dal comma 1, lett. c) dell'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, onerando i
concorrenti ad una dettagliata elencazione di tutte le condanne subite, senza
eccezione alcuna, compresi i reati estinti e depenalizzati, con l'ulteriore
specificazione delle condanne contenenti il beneficio della non menzione. Ne
discende che, in tale ambito disciplinare, i partecipanti alla gara erano
obbligati a rendere una dichiarazione veritiera, attestando tutti i reati
commessi dai soggetti tenuti alla dichiarazione medesima, compresi gli eventuali
reati gia' estinti o depenalizzati (in tal senso vedi Cons. Stato, Sez. IV, 1
ottobre 2007, n. 5053)».
Dalle considerazioni sopra esposte - dalle quali non v'e' motivo di discostarsi -
deriva che nella fattispecie in esame assume rilevanza decisiva la specifica
circostanza che il disciplinare di gara, al punto 5.2., richiamando in grassetto
il dettato di cui all'art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, espressamente
stabiliva, a pena di esclusione, l'obbligo in capo ai concorrenti di rendere non
una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione dell'art.
38, bensi' “Dichiarazione del titolare o del/i legale/i rappresentante/i
dell'impresa di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione previste
dall'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nonche' l'indicazione di eventuali condanne
per le quali il dichiarante abbia beneficiato della non menzione”.
Conseguentemente, in tale ambito disciplinare, i partecipanti alla gara erano
obbligati a rendere una dichiarazione completa e veritiera, attestando tutti i
reati commessi dai soggetti tenuti alla dichiarazione medesima.
Non puo' pertanto essere condiviso il minoritario orientamento giurisprudenziale,
richiamato dalla stazione appaltante, secondo il quale “la mancata dichiarazione
da parte del rappresentante legale di una ditta concorrente circa un precedente
penale che non abbia alcun riflesso negativo sul requisito della "moralita'
professionale", non puo' determinare - ex se ed in assenza di invito, da parte
della stazione appaltante, alla integrazione documentale ovvero a fornire
chiarimenti - l'esclusione della concorrente dalla selezione ovvero […] la non
aggiudicazione definitiva in suo favore (per quell'unica ragione)”, ne'
l'ulteriore considerazione che “ad ogni modo opera, quale previsione normativa
di chiusura, l'art. 46 del Codice dei contratti pubblici, per effetto del quale
l'Amministrazione procedente non puo' escludere dalla selezione la concorrente
che abbia reso una dichiarazione incompleta, onerando la stazione appaltante del
compito di invitare i concorrenti alla integrazione documentale ovvero a fornire
chiarimenti su aspetti dubbi che potrebbero comportare l'esclusione dalla
selezione e cio' quale diretta proiezione del principio comunitario della massima
partecipazione alle gare pubbliche.” (TAR Lazio, Sez. II, n. 3984/2009 cit.),
Nel caso di specie, infatti, non si tratta di “completare o fornire chiarimenti
in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”
(ex art. 46, D.Lgs. n. 163/2006), al fine di far valere, nel rispetto della par
condicio, la sostanza in presenza di irregolarita' o incompletezze squisitamente
formali, tenuto conto che il disciplinare di gara richiedeva espressamente ai
concorrenti, in modo non equivoco e a pena di esclusione, di rendere una
dichiarazione piu' ampia rispetto alla generica dichiarazione di insussistenza
delle cause di esclusione dell'art. 38, obbligandoli in tal modo ad una
dettagliata elencazione di tutte le condanne subite, comprese quelle contenenti
il beneficio della non menzione, e che non e' dubitabile che il legale
rappresentante, nonche' Amministratore Unico e Direttore Tecnico della [omissis],
riguardando la dichiarazione richiesta i propri precedenti penali, conoscesse
perfettamente le condanne pronunciate a proprio carico, anche se non fossero
risultanti dal certificato del casellario giudiziale. In tali circostanze
l'invito all'integrazione documentale comporterebbe, in realta', la sostituzione
di una dichiarazione, gia' resa in sede di offerta, con un'altra dichiarazione di
diverso tenore letterale e significato, con evidente violazione del principio
della par condicio dei concorrenti (in tal senso, Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio
2003, n. 5463; Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2001, n. 4586).
In base a quanto sopra considerato
Il Consiglio
ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l'operato della stazione
appaltante non e' conforme alla lex specialis e alla normativa di settore.
Firmato:
I Consiglieri Relatori: Giuseppe Borgia, Andrea Camanzi
Il Presidente: Luigi Giampaolino
Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 9 febbraio 2010
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