cerca tra le news

   Ciao Anonimo Home  ·  Registrati  ·  Area Personale   ·  Forum ·  Newsletter  
 
 
 
 

 
 

 
 
 
 

Newsletter

Vuoi essere informato sulle nostre news?

Inserisci la tua email, riceverai non più di una newsletter a settimana

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l''iscrizione

 
Guide: guide: Trasformare un rustico in abitazione
28/11/2006

Trasformare in prima o seconda casa un rustico agricolo è il sogno di molti. Pionieri sono stati gli stranieri (prima inglesi, poi tedeschi, olandesi e scandinavi) che hanno fatto di alcune delle zone agricole paesaggisticamente più affascinanti d’Italia (Chianti, Senese, Lucchesia in Toscana) la loro dimora.

Ma ormai la scelta di riconvertire ad abitazione fabbricati non più a servizio dell’agricoltura (che da decenni non ha più necessità di grandi spazi edificati) è divenuta una concreta alternativa anche per famiglie di reddito modesto, che hanno ereditato la casetta in campagna del nonno o che possono permettersi di spender poco, e trovano ancora abitazioni ormai dimesse in zone agricole senza appeal turistico, ma comunque spesso verdeggianti e piacevoli.

La ristrutturazione dell’antica casa in campagna è avvenuta talora con grande rispetto delle tipologie edilizie e dei materiali locali e talaltra senza alcun gusto e con spreco di cemento armato e moduli prefabbricati. In entrambi i casi è accaduto, però, che molti proprietari abbiano commesso gravi abusi edilizi e comunque non si siano preoccupati di iscrivere in Catasto il nuovo immobile (l’Ufficio del Territorio valuta che esistano un milione di fabbricati agricoli che avrebbero dovuto essere riportati nel Nuovo Catasto edilizio urbano e non lo sono stati). Tali comportamenti, volti ad ottenere vantaggi immediati, alla lunga rischiano di danneggiare gli stessi proprietari, rendendo la loro casa difficilmente commerciabile sul mercato, ponendoli a rischio di gravi sanzioni e perfino recando problemi a non finire per i loro eredi.

Ma quali sono le regole da seguire? Vediamole.

Permessi edilizi. Va subito premesso che, se il rustico è tutt’ora residenza dell’agricoltore (anche se non è situato necessariamente sui campi che coltiva), la ristrutturazione è in genere sempre possibile. Stesso discorso per i fabbricati agricoli che servono alla coltivazione del fondo. Viceversa, se sorge su una zona agricola non edificabile, e il proprietario non è un agricoltore, occorre valutare se il regolamento edilizio e soprattutto il piano regolatore, le sue varianti e norme di attuazione, consentono la trasformazione in abitazione, che comunque in genere è equiparata a una nuova costruzione, con tutte le conseguenze che ne derivano. Per esempio, insieme alla richiesta di permesso di costruire o alla denuncia di inizio di attività, occorre pagare una somma a titolo di “contributo di costruzione”, che a sua volta è ripartita in due parti: costo di costruzione e oneri di urbanizzazione. Questi ultimi oneri possono essere talora “scomputati” (cioè ridotti, anche fino a zero) se il proprietario intraprende opere o sottoscrive contratti che possano servire sia a lui che alla collettività (o solo a quest’ultima). Per esempio conduttore dell’acqua e fognarie, laddove non ne esistano, sistemazione di strade, cessione di una parte del terreno al Comune per utilità pubblica eccetera. In tal caso si sottoscrive un’apposita convenzione con il Comune stesso, che può prevedere limiti al diritto di proprietà (per esempio l’uso pubblico di una strada interna al fondo, l’impossibilità di far crescere gli alberi oltre una certa altezza per non impedire la visuale, e via elencando).
Va detto che spesso i rustici trasformati ad abitazione hanno un trattamento un po’ migliore delle nuove costruzioni: la ristrutturazione può essere consentita per esempio se se ne serba la disposizione e la sagoma, se si usano materiali tradizionali (mattoni pieni, coppi per il tetto, travertino per i bordi delle finestre, per esempio). Talora sono permessi anche limitati incrementi di volumetria (del 20-25%, in genere), che possono essere, o non essere, vincolati a certi usi (casotti caldaia, servizi igienici, box, eccetera). Insomma, bisogna rifarsi alle normeregionali soprattutto comunali per sapere cosa è consentito fare e cosa no.

Catasto. Come è noto, tutti i fabbricati e i terreni esistenti in Italia, sono (o dovrebbero essere) riportati negli archivi catastali, che di recente sono stati in buona parte informatizzati. Certe loro trasformazioni importanti (come il frazionamento o l’unificazione o il passaggio da un uso all’altro e da un proprietario all’altro) vi vanno anch’esse annotate.
Esistono però due tipi di archivi catastali. Il primo è il Catasto Terreni e il secondo è il Nuovo Catasto Fabbricati urbani. Nel primo le mappe riportano sono in pianta bidimensionale i contorni dei terreni e dei fabbricati. Nel secondo i fabbricati sono riprodotti sempre in pianta, ma piano per piano e con le ripartizioni interne. E’ evidente che al Catasto Terreni un grattacielo di trenta piani può apparire di identica grandezza di una villa unifamiliare.
Fino a non molto tempo fa i rustici agricoli, se destinati alla coltivazione del fondo, erano riprodotti solo al Catasto Terreni, come rettangolini privi di ulteriori indicazioni. Questo perche' il Catasto aveva fini essenzialmente fiscali, e non importava sapere, per esempio, di quanti piani fossero. Infatti, ai fini delle imposte, i rustici agricoli erano considerati parte del terreno su cui sorgevano, ed erano privi di una tassazione autonoma. Solo nel caso che fossero “sganciati” dal terreno su cui sorgevano, divenendo abitazioni autonome diverse da quelle dell’agricoltore, andavano “iscritti” nel Nuovo Catasto Fabbricati. In quel caso la loro pianta, piano per piano, andava riportata negli archivi e il fabbricato riceveva una “rendita catastale” autonoma, cioè un imponibile fiscale parametrato al loro nuovo uso, alla grandezza, e al loro pregio edilizio.

Accatastamento. Il Fisco si è poi reso conto dell’errore fatto: non possedendo una visione tridimensionale degli immobili e perdipiù disponendo di mappe dei terreni spesso vecchie, mal leggibili e poco aggiornate, dava spazio ai cittadini di fare quel che loro più piaceva, spesso con la complicità delle amministrazioni locali (che, se lavorassero meglio, renderebbero quasi impossibili i grandi abusi edilizi). In molti casi si è cercato di riparare mappando dall’alto con foto aeree, i terreni, in modo di avere una visione del territorio affidabile ed aggiornata e “cogliere sul fatto”gli abusi. Ma occorrevano anche nuovi strumenti normativi. Si è provveduto con il varo del Dpr 23 marzo 1998 n. 139 che ha stabilito che i rustici tutt’ora agricoli fossero riportati anche presso il Nuovo Catasto edilizio urbano, a cura dei proprietari che dovevano incaricare un tecnico iscritto a un albo professionale (ingegnere, architetto, geometra, perito edile, perito agrario, dottore agronomo), che si assumesse la responsabilità, anche penale, del suo operato. A una condizione però: che il fabbricato fosse nuovo oppure modificato “nello stato o nella destinazione”, dopo l'11 marzo 1998. A questi rustici viene ora attribuita una categoria e classe catastale (e quindi una rendita) “virtuale”, nel senso che non ha alcuna utilità finche' il fabbricato agricolo non passa di mano ad altri o il suo proprietario non cessa di essere agricoltore. Solo allora il fabbricato inizia a pagare le imposte (Irpef, Ici eccetera), separatamente dal terreno.
Naturalmente i rustici già trasformati in semplici abitazioni (o anche in altri usi, diversi da quello agricolo), anche prima dell’11/3/1998, non c’entrano con tutto questo discorso: andavano separati dal terreno, censiti, e tassati anche prima.
In conclusione, quindi, i rustici agricoli “veri” appartengono a due categorie: quelli iscritti separatamente in Catasto (pochi) e quelli che ancor oggi sono aggregati al terreno e non hanno piantine ufficiali proprie. Chi li compra deve perciò incaricare un tecnico che comunque dovrà presentare un’adeguata documentazione fotografica del rustico prima della ristrutturazione, anche ai fini dell’ottenimento degli assensi comunali ai lavori e dell’identificazione di quel che c’era, per capire cosa si possa fare. A questo proposito si è visto un po’ di tutto: muretti a secco traballanti e pezzi di coperture e tetti innalzati poco prima di scattare foto con scorci visuali presi ad hoc, per far credere che quel che esiste sia molto più, in termini di volumi e altezza delle costruzioni,di quel che esisteva realmente. Tutte furbizie che possono costare care.

Conseguenze indirette.
Non solo chi acquista, ma anche chi eredita un’abitazione paga molto meno imposte se la destina a prima casa: le condizioni perche' ciò sia possibile sono elencate nella tariffa allegata al Testo Unico delle imposte di registro (Dpr n. 131/1986). Cosa accade però per i rustici, quando sono accatastati insieme al terreno agricolo? Il Testo Unico non lo dice, ma precise interpretazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 38/2005) ci avvertono che per godere delle agevolazioni, che riguardano i fabbricati, il rustico deve comunque essere accatastato separatamente, seppure non ad abitazione (basta che sia destinato a tale uso). Quindi, prima di acquistarlo può essere utile insistere affinche' il vecchio proprietario provveda a iscriverlo nel catasto urbano. Ancor più importante è che la stessa operazione la faccia chi intende agevolare i propri eredi: altrimenti, dato che la situazione che conta è quella che scatta al momento della morte, un accatastamento successivo non permette di godere degli sconti sulle imposte.
 
Quale accatastamento per i rustici agricoli
 
Tipo di fabbricato
gruppo o categoria catastale
Abitazione
A*
Depositi
C/2
Autorimesse
C/6
Tettoie
C/7
Altre costruzioni strumentali all’attività agricola
D/10
 
* Il gruppo catastale A comprende 11 categorie, da A/1 ad A/11, di cui solo l’A/10 è destinata agli uffici. Le altre sono attribuite secondo il pregio e le caratteristiche dell’abitazione (per esempio A/2 appartamento signorile, A/7 villino a schiera, eccetera).
 
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamministratori
 
Condizioni perche' l’abitazione sia rurale
(e non paghi imposte a parte rispetto al terreno)
 
 
Proprietà dell’immobile
dell’agricoltore o dell’affittuario che sia agricoltore o dei familiari conviventi a loro carico;
Utilizzo
come abitazione dei precedenti soggetti o dei dipendenti dell’azienda agricola (numero annuo di giornate lavorative superiore a cento) assunti regolarmente.
Terreno annesso
almeno 10 mila mq. “Solo” 3 mila se è montano o addetto a colture specializzate in serra o la funghicoltura o altra coltura intensiva.
Volume di affari
superiore 1/2 del reddito complessivo dell’agricoltore (pensioni escluse). Solo 1/4 per i terreni montani
Tipo di immobile
esclusi quelli censibili in Catasto come A/1 (di lusso) o A/8 (ville).
 
Fonte: Ufficio studi Confappi-Federamministratori
 

 


 
 
 
Privacy Policy

 

Aedilweb.it - edilizia in rete
email: info@aedilweb.it
tel. 0923.944325
© 2001-2016 Aedilweb.it - Tutti i diritti riservati.
P.iva: 02621160817

Aedilweb.it, non si ritiene responsabile dei siti collegati ad aedilweb attraverso i propri links o banner, ne' delle informazioni contenute negli annunci pubblicitari sia gratuiti che a pagamento presenti nel proprio sito, inseriti o commissionati dagli utenti, ne' di informazioni commerciali o pubblicitarie, di societa' o ditte esterne, da noi inviate tramite email agli iscritti della nostra news letter.