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sentenze e pareri: PRECONTENZIOSO ANAC N. 400/17. REVOCA DELLA PROCEDURA DI GARA
27/07/2017

OGGETTO: Affidamento della gestione e riqualificazione energetica degli impianti di pubblica illuminazione e semaforici del Comune di Mentana – Importo a base di gara: euro 8.059.400,00 – S.A. CUC Media Valle del Tevere – Comune di Mentana (capofila).

PARERE DI PRECONTENZIOSO ANAC N.400 DEL 5 APRILE 2017

Revoca della procedura di gara
Alle pubbliche amministrazioni è sempre riconosciuto il potere di sospendere, revocare e/o annullare le procedure di gara in presenza di determinate condizioni previste dalla legge e seguendo uno specifico procedimento che ne garantisca la correttezza e la trasparenza. Pertanto, non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di procedere alla revoca o annullamento di una gara allorché questa non risponda più alle esigenze dell’Ente e sussista un interesse pubblico, concreto e attuale all’eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dei partecipanti nei confronti dell’Amministrazione; tale potere, già previsto dalla disciplina di contabilità generale dello Stato, che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113 R.D. 23 maggio 1924 n. 827), trova il proprio fondamento nel principio generale dell’autotutela della Pubblica amministrazione, che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica. Parimenti indiscutibile è che l’amministrazione, qualora decidesse di adottare un provvedimento in autotutela, lo dovrà fare fondando il proprio giudizio non sulla mera esigenza di ripristino della legalità, ma dando conto, nella motivazione, della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto.

Non sussistenza dell’obbligo di comunicazione avvio procedimento
Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua - con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa - quando l'interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono comunque all'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti. In materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico. Poiché l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale ad esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del cittadino nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere - in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento - l'omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest'ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, si da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione. Alla luce di questa linea interpretativa si può affermare che la comunicazione di avvio del procedimento dovrebbe diventare superflua quando: l'adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione; i presupposti fattuali dell'atto risultano assolutamente incontestati dalle parti; il quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza sufficientemente apprezzabili; l'eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l'amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici)”.

Considerato in fatto

Il Comune di Mentana, con richiesta di parere acquisita al prot. ANAC n. 192890 del 30.12.2016, chiede all’Autorità di pronunciarsi circa la legittimità della decisione di procedere alla revoca della gara indicata in oggetto anche a fronte delle eccezioni opposte dalla società Selettra Spa, partecipante alla selezione, che invece sostiene l’illegittimità del provvedimento di revoca per difetto di motivazione, difetto istruttorio e di competenza.
Più specificamente, dalla documentazione emerge che con deliberazione di giunta municipale n. 68/2015 e n. 152/2015, nonché con determinazione dirigenziale n. 34/2016, la Stazione appaltante ha provveduto a bandire la procedura di gara de qua.
Successivamente, con la deliberazione n. 133 del 16.11.2016, con l’asserito fine di tutelare l’interesse pubblico, il Comune di Mentana ha disposto la revoca della procedura di gara con conseguente comunicazione e pubblicazione della decisione assunta. Le motivazioni che vengono addotte dall’Amministrazione si basano su una diversa valutazione dell’economicità dell’appalto, che avrebbe avuto una durata ventennale “determinando così un impegno gravoso e oneroso per l’Ente”; sull’asserito obbligo di aderire alle Convenzioni Consip e quindi sulla circostanza che “non sia stata attentamente valutata la possibilità di aderire a tale convenzione”; e infine sulla volontà dell’Ente di “rimodulare il servizio in funzione di nuove necessità contestualmente più aderenti alle Convenzioni Consip attualmente rese, al fine di assicurare un miglioramento dei servizi resi e al contempo assicurare la massima economicità dell’azione amministrativa”.
In data 1.12.2016, la già menzionata società Selettra presentava alla Stazione appaltante una istanza di riesame con contestuale richiesta di risarcimento danni nel caso di esito negativo della stessa.
La Stazione appaltante, con nota del 15.12.2016, rigettava l’istanza, confermando la volontà dell’Ente di non procedere con la gara giacché “non conforme al perseguimento dell’interesse pubblico”.
A seguito di formale avvio di procedimento con nota prot. ANAC n. 22387 del 10.2.2017, sono pervenute le memorie integrative della società Selettra, in cui viene meglio precisato quanto già esposto nell’istanza di riesame presentata alla Stazione appaltante in merito ai profili di seguito indicati:


1- illegittimità per eccesso di potere, difetto di motivazione e difetto istruttorio;

2- illegittimità del provvedimento di revoca per violazione di legge e asseritamente per violazione della l. 241 del 1990;

3- illegittimità del provvedimento di revoca per incompetenza.

Ritenuto in diritto

La deliberazione n. 133 del 16.11.2016, con cui la Giunta comunale ha disposto la revoca della procedura di gara in oggetto, ha esplicitato – come detto – i motivi che hanno indotto la Stazione appaltante a revocare la gara.
In via generale si deve ricordare che l’istituto della revoca è regolato dall’art. 21quinques della legge n. 241/90, che ne aveva originariamente accolto una nozione ampia, atteso che poteva essere fondata su tre presupposti alternativi costituiti da: sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto o nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Successivamente, con legge n. 164/2014, di conversione del decreto legge n. 133/2014 (c.d. “Decreto Sblocca Italia”), la revoca è stata oggetto, insieme all’istituto dell’annullamento d’ufficio, di rilevanti modifiche, sostanzialmente ispirate dalla medesima ratio di tutelare i privati da un uso disinvolto del potere di autotutela, circoscrivendo maggiormente le ipotesi di ‘ripensamento’ della Pubblica Amministrazione.
Attualmente, dunque, per effetto della citata novella, la revoca è ammessa:


1- per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;

2- nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento;

3- nel caso di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici.

Com’è evidente, è rimasto inalterato solo il potere di revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mentre sono state introdotte rilevanti modifiche nei casi di revoca per mutamento della situazione di fatto e di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Secondo la dottrina tradizionale, le prime due ipotesi attengono a sopravvenienze che possono distinguersi a seconda che riguardino circostanze estrinseche a quelle esaminate al momento dell’adozione dell’originario atto (sopravvenuti motivi di pubblico interesse) o intrinseche (mutamento della situazione in precedenza valutata); la terza ipotesi è, invece, quella tipica del c.d. jus poenitendi in assenza di elementi nuovi, che si verifica quando l’amministrazione, riconoscendo che l’originaria valutazione dei fatti non è stata corretta sotto il profilo dell’opportunità, rivaluta il proprio interesse giungendo a conclusioni diverse da quelle adottate in origine.
Nel caso di specie non è necessario addentrarsi troppo in complesse questioni dottrinali, né attardarsi nell’esame del merito delle modifiche introdotte dalla novella del 2014, posto che esse non incidono in alcun modo nella valutazione della questione prospettata. Se è vero, infatti, alla luce delle motivazioni offerte dalla Stazione appaltante, che la revoca esercitata è riconducibile all’ipotesi sub c), ossia quella relativa a una ‘nuova valutazione dell’interesse pubblico’, altrettanto vero è che quello in contestazione non è un provvedimento di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici, che – secondo l’attuale formulazione del citato art. 21quinquies – sarebbe in quanto tale escluso dal novero dei provvedimenti soggetti alla revoca.
Ciò che invece appare indispensabile esaminare ai fini del richiesto parere sono le motivazioni addotte dall’Amministrazione per esercitare la revoca e lo stato della procedura di gara.
E’ noto che alle pubbliche amministrazioni è sempre riconosciuto il potere di sospendere, revocare e/o annullare le procedure di gara in presenza di determinate condizioni previste dalla legge e seguendo uno specifico procedimento che ne garantisca la correttezza e la trasparenza. Pertanto, non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di procedere alla revoca o annullamento di una gara allorché questa non risponda più alle esigenze dell’Ente e sussista un interesse pubblico, concreto e attuale all’eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dei partecipanti nei confronti dell’Amministrazione; tale potere, già previsto dalla disciplina di contabilità generale dello Stato, che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113 R.D. 23 maggio 1924 n. 827), trova il proprio fondamento nel principio generale dell’autotutela della Pubblica amministrazione, che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica (così, ex multis, TAR Toscana-Firenze, Sent. n. 1372/2011).
Parimenti indiscutibile è che l’amministrazione, qualora decidesse di adottare un provvedimento in autotutela, lo dovrà fare fondando il proprio giudizio non sulla mera esigenza di ripristino della legalità, ma dando conto, nella motivazione, della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto.
E’ proprio quest’ultimo aspetto che nella vicenda in esame appare più discutibile. E’ stato più volte affermato che i provvedimenti di revoca (o annullamento), ancorché non sindacabili nel merito da parte del giudice amministrativo, che non si può sostituire alle valutazioni discrezionali della stazione appaltante, devono essere motivati precisando quali siano gli interessi pubblici concreti ed attuali che giustificano la rimozione dell’atto, al fine di rendere percepibili al destinatario le ragioni dello ius poenitendi in tal modo esercitato dall’amministrazione.
In quest’ottica, la valutazione circa l’adeguatezza o meno delle motivazioni addotte per la revoca non può prescindere dalla comparazione con le motivazioni che sono state precedentemente addotte dalla stessa Stazione appaltante per sostenere una decisione esattamente opposta, ovvero – nel caso in discussione – quella di non aderire alle Convenzioni Consip e di procedere con una autonoma gara.
E’ stata acquisita al procedimento, infatti, una relazione redatta dal RUP della gara in oggetto, che contiene una analisi dettagliata del costo storico del servizio per il Comune di Mentana; un computo metrico estimativo degli interventi manutentivi ordinari e straordinari necessari; la valutazione del possibile importo da porre a base d’asta; e soprattutto la valutazione dei costi/benefici dell’eventuale procedura di gara rispetto all’adesione alla Convenzione Consip “Servizio Luce 3”.
L’analisi effettuata dal RUP si conclude con la dimostrazione del “vantaggio per la P.A. della stesura del bando di gara rispetto al contratto Consip ‘Servizio Luce 3’”; e ciò fondamentalmente perché il contratto Consip citato “comprende solo una minima parte dei servizi messi a gara dal bando (ad esempio non sono compresi gli interventi di manutenzione straordinaria) e – unicamente per il contratto della durata di 9 anni – prevede la possibilità di investimenti da parte del gestore pari al 10% del corrispettivo complessivo: per questo motivo, non fornendo le medesime prestazioni, risulterebbe non necessario il confronto”. Inoltre viene ribadito che “il corrispettivo a base di gara, oltre a risultare più economico, prevede anche interventi di manutenzione straordinaria non presenti nel contratto Consip… in quanto corrisposti come extra-corrispettivo (ovvero sono fatturati a parte in aggiunta al corrispettivo Consip ordinario)”.
Conseguentemente, anche sulla base di questa analisi tecnica, il Comune di Mentana ha deciso, con Determinazione Dirigenziale del Settore Lavori Pubblici e Ambiente n. 34 del 29.2.2016, di bandire la gara per l’affidamento del servizio di “Gestione e riqualificazione energetica degli impianti di pubblica illuminazione e semaforici del Comune di Mentana”, mediante procedura aperta, procedendo altresì all’approvazione della documentazione da porre a base di gara e all’assunzione dei relativi impegni di spesa.
Considerando il dettaglio con cui è stata redatta la relazione del RUP e l’accurata ponderazione di tutti gli aspetti tecnici e dei vantaggi, non solo economici, che avrebbe avuto il contratto stipulato in esito alla procedura di gara prospettata rispetto a quello derivante dall’adesione alla Convenzione Consip, le motivazioni addotte dall’Amministrazione per giustificare il completo ribaltamento di giudizio circa l’opportunità della gara, così come già formalmente indetta, appaiono incongrue ed eccessivamente generiche.
In particolare, la considerazione secondo cui la procedura di gara, impegnando l’Amministrazione Comunale per i prossimi 20 anni, determinerebbe un impegno troppo gravoso e oneroso per l’Ente, appare in evidente contrasto proprio con il principale argomento utilizzato nella relazione tecnica del RUP per giustificare la gara medesima, ovverosia i consistenti vantaggi economici rispetto alla Convenzione Consip.
Sotto questo aspetto, ci si sarebbe attesi dall’Amministrazione una nuova analisi dei costi/benefici volta a supportare con argomentazioni tecniche l’incongruità della precedente relazione e, dunque, la mutata volontà dell’Ente.
Sicuramente più appropriata, da un punto di vista generale, appare l’argomentazione relativa ad una rivalutazione della possibilità di aderire alla Convenzione Consip, anche se, nel merito, il dichiarato ‘obbligo’ di aderirvi e il vago riferimento ad una rimodulazione del servizio “in funzione di nuove necessità contestualmente più aderenti alle Convenzioni Consip attualmente in essere”, non meglio specificate, finiscono comunque per introdurre elementi di incertezza circa la fondatezza del provvedimento di revoca.
Proprio quest’ultimo argomento, peraltro, ovvero la rivalutazione circa l’esistenza di un presunto obbligo di aderire alla Convenzione Consip dettato dalla legge di stabilità n. 208/2015, precedentemente non considerato tale, comporterebbe anche la formale mutazione della species del provvedimento in autotutela da revoca jus poenitendi ad annullamento d’ufficio. La questione non appare di poco momento poiché, anche se il legislatore delle ultime riforme non si è sottratto alla tendenza di parte della giurisprudenza amministrativa di ricondurre all’interno della revoca aspetti che sarebbero invece propri dell’annullamento d’ufficio, rimangono fermi taluni aspetti riconnessi ai presupposti per la valutazione della legittimità dello specifico provvedimento adottato. Se infatti il c.d. ‘disvolere melius re perpensa’, tipico della revoca, può giustificarsi solo a fronte della chiara emersione di ragioni, plausibili e concrete, che determinano la suddetta rivalutazione dell’interesse pubblico, l’annullamento d’ufficio, che ha come presupposto vizi di legittimità dell’atto (violazione di legge, eccesso di potere, incompetenza relativa), potrebbe trovare la sua motivazione, ovvero ancora una volta la tutela dell’interesse pubblico, per così dire in re ipsa. Nel caso di specie, ad esempio, se l’Amministrazione ritenesse di aver violato una precisa disposizione di legge che le avrebbe imposto di aderire alla Convenzione Consip, senza che residuasse spazio per valutazioni di altro tipo, sarebbe dovuta ricorrere all’annullamento d’ufficio per violazione di legge (dei provvedimenti con cui ha proceduto a indire la gara in contestazione) e ciò non avrebbe reso necessari particolari approfondimenti tecnici né generato ulteriori obblighi motivazionali per smentire una relazione tecnica di contenuto opposto.
Pertanto, considerata la rilevanza della decisione della Stazione appaltante di non proseguire con la procedura di gara già bandita e per la quale erano già pervenute offerte da parte degli operatori economici interessati e attesa l’incertezza in ordine sia alle motivazioni del provvedimento che all’effettiva tipologia dello stesso (revoca o annullamento d’ufficio), si ritiene di accogliere le eccezioni presentate dalla Selettra Spa relativamente al contestato difetto di motivazione e di istruttoria.

Con il secondo motivo, la Selettra denuncia l’illegittimità del provvedimento di revoca per violazione della legge sul procedimento amministrativo perché l’Amministrazione non avrebbe dato comunicazione alle parti interessate dell’avvio di procedimento, né invitato le stesse a contraddittorio, né data comunicazione preliminare di conclusione del procedimento.
La doglianza non può essere accolta.
Basti in proposito richiamare la consolidata giurisprudenza amministrativa secondo cui “Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua - con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa - quando l'interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono comunque all'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti. In materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico. Poiché l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale ad esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del cittadino nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere - in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento - l'omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest'ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, si da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione. Alla luce di questa linea interpretativa si può affermare che la comunicazione di avvio del procedimento dovrebbe diventare superflua quando: l'adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione; i presupposti fattuali dell'atto risultano assolutamente incontestati dalle parti; il quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza sufficientemente apprezzabili; l'eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione, non priverebbe l'amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici)”. (Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. 30 settembre 2002, n. 5003).
Nel caso di specie, poi, appare evidente che la revoca ha inciso sui provvedimenti di indizione della gara, nel senso del loro ritiro, e non già sugli effetti da esso prodottisi, proprio perché – considerando la fase della procedura – nessun effetto si era, né poteva del resto prodursi, a vantaggio dei concorrenti.
In applicazione degli stessi principi, pertanto, il provvedimento di revoca sarebbe in ipotesi annullabile, qualora l’Amministrazione non avesse adempiuto alla prescrizione imposta dall’art. 7 della legge n. 241/1990 provvedendo alla comunicazione dell’avvio del procedimento, solo nel caso di avvenuta aggiudicazione definitiva, in quanto, incidendo in via estintiva sulla posizione di vantaggio consacrata dall’atto medesimo di aggiudicazione, impedirebbe all’operatore economico ricorrente di interloquire sull’effettiva sussistenza e consistenza di ragioni di interesse pubblico sottese al provvedimento di revoca stesso (Consiglio di Stato, Sez. V, Sent. 27 aprile 2011, n. 2456).

Con il terzo e ultimo motivo, la Selettra denuncia l’illegittimità del provvedimento di revoca per incompetenza, perché tale provvedimento è stato adottato dal Comune di Mentana mentre la competenza della procedura di gara era in capo alla Centrale Unica di Committenza Media Valle del Tevere.
Anche questa doglianza non è accoglibile.
Sulla base di quanto emerge dalla documentazione acquisita la CUC Media Valle del Tevere è costituita dai Comuni di Mentana, che ne è la capofila, Capena, Fiano Romano e Rignano Flaminio. La gara oggetto della revoca in contestazione è stata bandita dal Comune di Mentana al fine di soddisfare una esigenza (la riqualificazione energetica degli impianti di pubblica illuminazione e semaforici) esclusivamente del Comune medesimo.
Com’è noto, il Codice appalti prevede che “Le stazioni appaltanti non in possesso della necessaria qualificazione di cui all'articolo 38 procedono all'acquisizione di forniture, servizi e lavori ricorrendo a una centrale di committenza ovvero mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica” (art. 37, comma 3) e che “Se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, fermo restando quanto previsto al comma 1 e al primo periodo del comma 2, procede secondo una delle seguenti modalità:

1- ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;

2- mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento.

3- ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56” (art. 37, comma 4).

Nel caso in esame, la CUC è stata verosimilmente costituita utilizzando la modalità di cui al punto b), ovvero attraverso una associazione dei 4 Comuni interessati con l’attribuzione al Comune più grande (Mentana) della qualifica di capofila, che – come noto – nell’ambito di un accordo fra pubbliche amministrazioni, è deputato a svolgere attività amministrative anche per conto degli altri o, comunque, di coordinarne l’azione al fine di raggiungere obiettivi condivisi.
Pertanto, appare evidente che il Comune di Mentana, nella duplice e – nel caso di specie – coincidente qualità di capofila della CUC e stazione appaltante della gara in oggetto, è il soggetto legittimato ad adottare ogni provvedimento, anche di revoca o annullamento, che incida su tale procedura.

Per quanto riguarda, infine, la questione relativa all’eventuale richiesta di risarcimento danni prospettato dalla Selettra nel caso di mancato accoglimento da parte della Stazione appaltante dell’istanza di annullamento del provvedimento di revoca, si rappresenta che esula dalle competenze di questa Autorità la valutazione della eventuale sussistenza dei presupposti che determinano la responsabilità risarcitoria dell’Amministrazione.

IL CONSIGLIO

ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che:


- la Stazione appaltante debba procedere a una rivalutazione delle motivazioni poste a fondamento del provvedimento di revoca o annullamento d’ufficio della gara, di modo che emergano le obiettive e verificabili ragioni che rendono più efficiente ed economico aderire alla Convenzione Consip rispetto all’affidamento del servizio in questione a un operatore economico privato;

- è legittima la revoca adottata senza preventiva comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990 qualora il provvedimento sia intervenuto prima della celebrazione della gara;

- il Comune di Mentana, in qualità di capofila della CUC Media Valle del Tevere, è soggetto competente ad adottare il provvedimento di revoca o annullamento della gara de qua.

( Fonte: anticorruzione.it)

 

 


 
 
 
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