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Montesilvano/ Arrestato il sindaco, pretendeva il 5% sugli appalti
20/11/2006

Era del cinque per cento la tangente che il sindaco di Montesilvano (Pescara),   e l'assessore comunale  chiedevano all'impresa della famiglia Ferretti, per l'affidamento di diversi lavori pubblici assegnati a trattativa privata. Il pagamento delle "mazzette", il cui importo veniva calcolato sul costo complessivo dell'opera, sarebbe avvenuto tra il 2005 e il 2006.

Era del cinque per cento la tangente che il sindaco di Montesilvano (Pescara), Enzo Cantagallo (Dl), e l'assessore comunale Paolo Di Blasio chiedevano all'impresa della famiglia Ferretti, per l'affidamento di diversi lavori pubblici assegnati a trattativa privata. Il pagamento delle "mazzette", il cui importo veniva calcolato sul costo complessivo dell'opera, sarebbe avvenuto tra il 2005 e il 2006. A scoprirlo è stata la squadra mobile della questura Pescara, coordinata da Nicola Zupo, che ieri mattina all'alba ha arrestato sei persone nell'ambito dell'operazione "Ciclone". In manette il sindaco di Montesilvano, 44enne, e l'assessore De Blasio, 56 anni, assessore alle Finanze, entrambi accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione aggravata e calunnia.

Agli arresti anche il capo di gabinetto del comune di Montesilvano, l'avvocato Lamberto Di Pentima
, 45enne pescarese, accusato di favoreggiamento personale e calunnia, l'imprenditore pescarese Vincenzo Duilio Ferretti, 69 anni, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione aggravata, mentre il figlio Gianni, 35enne, accusato di corruzione, è agli arresti domiciliari, così come Alfonso di Cola, 51enne di Montesilvano, geometra dell'ufficio tecnico del Comune del cittadina rivierasca. Gli appalti finiti nel mirino della squadra mobile sono stati affidati, secondo gli investigatori, in violazione di legge, e cioè a trattativa diretta. Gli amministratori finiti in manette avrebbero stretto col Ferretti un vero e proprio accordo per il pagamento delle tangenti, come retribuzione per l'affidamento di una pluralità di lavori, come quelli di collettamento delle acque bianche e delle relative opere di manutenzione. Gli arresti sono stati eseguiti su ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Pescara, Luca De Ninis su richiesta del sostituto procuratore Gennaro Varone.



Tra gli amministratori comunali indagati e Ferretti ci sarebbe stato, per la polizia, un vero e proprio patto, che avrebbe prodotto i suoi effetti nel corso del tempo. In base a questo accordo i due imprenditori, padre e figlio, si sarebbero assicurati un numero non preventivato di favoritismi sia nell'aggiudicazione di lavori pubblici che nella proroga illecita della concessione, a fronte di un compenso, un corrispettivo per l'affidamento fuori-legge, pattuito in percentuale sull'ammontare dei lavori. Non c'erano quindi accordi diversi di volta in volta, per pattuire nuove cifre, ma tutto si basava sull'intesa iniziale, che avrebbe potuto inglobare anche situazioni future non prevedibile.


A percepire le tangenti, secondo la polizia, sarebbe stato, oltre al sindaco e all'assessore Di Blasio
, anche Di Cola, responsabile del procedimento, mentre Di Pentima, capo di gabinetto del Comune di Montesilvano, avrebbe sfruttato le sue conoscenze in ambienti istituzionali e tra le forze dell'ordine per intessere una trama contro il dirigente della Squadra Mobile, Zupo, che stava indagando sugli illeciti a Palazzo di Città. Assieme a Cantagallo, Di Pentima avrebbe tentato di ottenere indicazioni sulle prove acquisite a carico del sindaco su questa vicende e di estromettere dalle indagini Zupo. Commentando l'operazione "Ciclone", il questore di Pescara, Dante Consiglio, ha sottolineato "l'alta professionalita'" del personale della squadra mobile che ha indagato "tra mille difficolta'", per "lo spessore dei personaggi coinvolti, le pressioni registrate, e i tentativi di denigrazione da parte di alcuni personaggi nei confronti degli investigatori".


Consiglio ha anche detto che "l'attività sta continuando, è in evoluzione e proseguirà". A
firmare le ordinanze di custodia cautelare è stato, oltre a Varone, anche il procuratore capo della Repubblica, Nicola Trifuoggi. In base a quanto si è appreso gli arresti sono stati disposti per evitare che andassero a buon fine i tentativi, che hanno caratterizzato tutto il corso delle indagini, di inquinamento delle prove.


 


 
 
 
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