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PIANO CASA, IN LOMBARDIA PARTONO I PRIMI INTERVENTI. Sara' un test per capire cosa potrebbe accadere nel resto del Paese
16/10/2009

Dalla Lombardia, si sa, c'e' sempre da imparare, non per nulla e' l'altra capitale d'Italia, lega o non lega, ma che c'entra quello e' un altro discorso, e non parliamo di politica.



In ogni caso la Grande Milano fa le cose in grande come si conviene a una citta' di rango. Sicche' anche con il “Piano Casa” si e' data da fare alla grande, approvando in tempi da record la legge 13/2009 “Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia”, del 16 luglio 2009, che punta alla ripresa economica del settore edilizio, coniugata con il miglioramento qualitativo del patrimonio esistente.



“La normativa ha carattere straordinario e limitato nel tempo (la sua efficacia dura infatti 18 mesi, estesa a 24 mesi per i soli interventi di Edilizia Residenziale Pubblica) e si ispira ai principi di semplificazione (procedure piu' agili per avviare gli interventi), sussidiarieta' (coinvolgimento diretto dei Comuni per l'applicazione della legge), risparmio di suolo (riutilizzo dei volumi gia' esistenti senza ulteriori espansioni urbanistiche), efficienza energetica (sia per i nuovi interventi che per gli edifici esistenti coinvolti), qualita' paesaggistica (coerenza con l'identita' e la storia del tessuto urbano) e sicurezza degli edifici (pieno rispetto della normativa antisismica).”



Approvata il 16 luglio 2009 la legge 13/09 entra nella sua piena attuazione il 16 ottobre 2009, dopo che il termine perentorio del 15 ottobre 2009 e' stato superato (era la data entro la quale i Comuni potevano deliberare le eventuali aree escluse dall'applicazione della legge, le modifiche alla riduzione degli oneri e l'individuazione delle aree produttive in cui e' possibile effettuare interventi).



A partire dal 16 ottobre 2009 e' possibile presentare ai Comuni le Denunce di Inizio attivita' (DIA) o le richieste di Permesso di costruire (art. 42 e art. 38, l.r. 12/20005) relative agli interventi proposti.



Il presidente Roberto Formigoni nel presentare il “Piano territoriale regionale, o PTR” ha messo l'accento, fra le altre cose, sulla qualita' dell'abitare. Interessante.



“Il Piano territoriale - ha detto il presidente - e' un'occasione per il miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio e dell'ambiente urbano”. E ha sottolineato come la Lombardia non parta da zero, avendo appunto approvato la legge 13 per il rilancio edilizio, “occasione per soddisfare la domanda abitativa, nel segno della qualita' e dell'efficienza energetica e minimizzando il consumo di suolo”. Accadeva il 6 ottobre 2009, a margine del convegno tenuto sull'argomento in Regione.



E' interessante notare come la Regione Lombardia al “Piano Casa” (che pero' qui si chiama, giusto per distinguersi, “Rilancio Edililizia”) ha dedicato un sito internet, ricco di notizie e approfondimenti, FAQ (domande piu' frequenti) ecc.


Per fare le cose seriamente (come si converrebbe a una Pubblica Amministrazione) e non lasciare che sia il caso a determinarle, l'Art. 6, comma 2, della legge prevede che “venga effettuato il monitoraggio della sua attuazione, anche per verificarne l'effettivo impatto socio-economico e ambientale sul territorio”.



E come avviene il monitoraggio?

“Le attivita' di monitoraggio si suddividono in 2 fasi:


1. censimento delle determinazioni facoltative assunte dai Comuni per orientare l'applicazione della legge nel proprio contesto territoriale 

2. censimento, in forma sintetica, degli interventi effettivamente attivati sul territorio ai sensi della legge e durante il suo periodo di applicazione”.


Cosi' in effetti andrebbe fatto.



In linea generale la legge si propone di:


- creare nuovi spazi per le famiglie
- recuperare gli edifici abbandonati e degradati
- incentivare il risparmio energetico in edilizia
- riqualificare i quartieri di edilizia residenziale pubblica



Per creare nuovi spazi per le famiglie la legge prevede all'Art.3 (ma solo per gli edifici ultimati prima del 31 marzo 2005):

- Aumento volumetrico di edifici uni-bifamiliari, non superiore al 20% dell'esistente e comunque non superiore a 300 mc per ogni unita' abitativa (comma 1, lett. a)
- Aumento volumetrico di edifici plurifamiliari inferiori a 1.200 mc, non superiore al 20% dell'esistente (comma 1, lett. b).



In ogni caso poi tutti gli interventi ammessi dalla legge sono subordinati al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici interessati e al rispetto dei requisiti previsti dalla legge regionale n. 24/2006 “Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente”.



Va poi tenuto presente che le abitazioni private il 15 aprile 2011 e' la data limite, entro la quale e' necessario aver presentato ai Comuni le Denunce di Inizio attivita' o le richieste di Permesso di costruire (art. 42 e art. 38, l.r. 12/2005) relative agli interventi proposti.



Due considerazioni finali.


La prima riguarda il numero di “domande frequenti” che sono state finora rivolte per chiarimenti. Sono, al momento della consultazione, 57 in totale e riguardano: * Novita' * Interventi * Definizioni * Indici urbanistici/Vincolistica * Comuni * Piani attuativi * Aree destinate all'agricoltura/aree destinate alle aree produttive secondarie * Edilizia Residenziale Pubblica * Agevolazioni fiscali * Risparmio energetico

Seconda osservazione. Il tenore dei quesiti posti, e ancor piu' delle risposte, da' la misura della complessita' della materia, cosi' come dei possibili abusi, oltre ogni ragionevole interpretazione della legge.



Di seguito alcuni esempi.


1) Casette o condomini? 

L'ampliamento degli edifici residenziali del 20% riguarda solo le “casette” o anche i condomini?
L'ampliamento di cui all'art. 3 della legge ha ad oggetto gli edifici, aventi destinazione esclusivamente residenziale, ubicati al di fuori dei centri storici e delle zone individuate dagli strumenti urbanistici quali nuclei di antica formazione e ultimati alla data del 31 marzo 2005. Gli ampliamenti, possono interessare gli edifici mono e bifamiliari, quale che sia la loro volumetria, o gli edifici almeno trifamiliari, quindi anche i piccoli condomini,ma con volumetria non superiore a 1200 metri cubi.


La possibilita' di ampliamento e' riconosciuta fino al 20% del volume complessivo dell'edificio interessato esistente alla data del 31 marzo 2005; tuttavia per i soli edifici uni e bifamiliari e' previsto un ulteriore limite massimo, riferito alla singola unita' immobiliare preesistente, pari a 300 metri cubi.



2) Edifici condonati 

E' possibile intervenire ai sensi della l.r. 13/2009 su edifici condonati?
L'art. 5, comma 3, lett. c) l.r. n. 13/2009 prevede che “le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 non si applicano con riferimento ad edifici realizzati in assenza di titolo abilitativo o in totale difformita', anche condonati”. Dalla lettura della norma appare chiaro che, in linea generale, gli interventi edilizi previsti dalla normativa di favore di cui alla l.r. 13/2009 non potranno applicarsi ad edifici che risultano essere stati in toto oggetto di condono, perche' ab initio realizzati in assenza di titolo o in difformita' dallo stesso. 


Diversamente, qualora oggetto di condono fossero stati interventi su un edificio preesistente, compresi gli ampliamenti, anche se posti in essere senza titolo o in totale difformita', le disposizioni sopra richiamate potrebbero trovare applicazione.



3) Antisismica solo la nuova porzione di fabbricato? 

In caso di ampliamento di edifici esistenti, il rispetto delle norme sismiche e' da ottemperare solo per la nuova porzione realizzata o e' necessario l'adeguamento ad esse anche dell'edificio esistente?

In materia di normativa antisismica (Norme tecniche sulle costruzioni - D.M. 14 gennaio 2008 entrato in vigore il 1 luglio 2009), la legge regionale 13/2009 non disciplina nei dettagli, ma fa un riferimento generale (art. 3, comma 10) disponendo che la progettazione e l'intervento siano realizzati nel rispetto della normativa sismica vigente. Cio' significa che quanto previsto all'articolo 3 della legge regionale (ampliamento e sostituzione di edifici esistenti) debba essere realizzato nel rispetto delle norme sismiche citate sia nel caso di edificio oggetto di ampliamento che nel caso di sostituzione totale dell'edificio (demolizione e ricostruzione).

Per interventi di ampliamento su un edificio esistente, assodato che gli ampliamenti debbano rispondere alla normativa sismica citata, va soprattutto verificato che essi non siano strutturalmente connessi al resto dell'edificio. In questo caso, ad es. per ampliamenti laterali, si dovra' mettere a norma solo la parte ampliata e “isolare” con adeguati giunti la parte ampliata dal resto dell'edificio, in modo che i due edifici non interagiscano negativamente in 
caso di sisma, valutando inoltre i rischi indiretti di danneggiamento (ad es. crollo di parti dell'edificio principale non a norma sull'edificio ampliato).


Nel caso invece in cui gli ampliamenti siano strutturalmente connessi, e' necessario verificare, valutare e mettere a norma tutta la struttura dell'edificio da ampliare. Un eventuale sisma, infatti, solleciterebbe tutta la struttura dell'edificio, gravata per di piu' dalla parte ampliata con un sovraccarico che puo' diventare eccessivo in condizioni statiche e dinamiche. Spesso si e' osservato che ampliamenti di questa fattispecie, in caso di sisma, hanno comportato un peggioramento consistente dei danni all'intero edificio, comportando fin anche il crollo.

Fonte: Quotidianocasa.it

 


 
 
 
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