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sentenze e pareri: SENTENZE DEL CONSIGLIO DI STATO - Escusione dalle gare per il reato di aggiotaggio
08/06/2012

Con la sentenza in oggetto, il Consiglio di Stato ha affrontato il problema della possibilita' che la condanna per il reato di aggiotaggio possa comportare l'esclusione di un'impresa da una gara d'appalto, ai sensi dell'art. 38 del Codice dei contratti pubblici.



Al riguardo, dev'essere preliminarmente ricordato che l'art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, stabilisce che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, ne' possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti, i soggetti ''nei cui confronti e' stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunita' che incidono sulla moralita' professionale; e' comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o piu' reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18 [...]''.

In applicazione di tale norma, nella sentenza n. 2607/2012, il Consiglio di Stato, riformando la pronuncia del Tar Toscana, Sez. II, n. 1351/2011, ha ritenuto legittimo il provvedimento di diniego di aggiudicazione a favore di un'impresa il cui legale rappresentante aveva riportato una condanna, ''patteggiata'', per il reato di aggiotaggio.

Piu' precisamente, la questione sottoposta in prima istanza al Tar concerneva la procedura per l'affidamento del servizio di pulizia presso il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze; l'impresa aggiudicataria dell'appalto aveva presentato ricorso per l'annullamento del diniego di approvazione del contratto e rimozione dell'aggiudicazione, adottato dal Ministero dell'Interno e dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco in virtu' della condanna riportata dal legale rappresentante e dichiarata all'atto della partecipazione.

Il Tar adito aveva accolto il ricorso ed annullato il provvedimento di diniego di approvazione, ritenendo che la condanna per aggiotaggio del legale rappresentante dell'impresa aggiudicataria non presentasse alcuna attinenza, neppure indiretta, con l'attivita' di pulizia oggetto dell'affidamento e con l'attivita' della societa'.

Il Consiglio di Stato ha, invece, ribaltato l'orientamento del giudice di primo grado, ricordando innanzitutto che l'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 e' finalizzato ad evitare che l'Amministrazione contragga obbligazioni con soggetti che non abbiano una adeguata moralita' professionale, e precisando che, perche' l'esclusione da una procedura di gara consegua ad una condanna, occorre valutare sia la gravita' del reato che l'incidenza di quest'ultimo sulla moralita' professionale.

In merito a tale ultimo aspetto, ha proseguito specificando che il giudizio operato dalla stazione appaltante deve concernere l'idoneita' della condotta giuridica illecita posta in essere a minare i valori tipici delle procedure ad evidenza pubblica, che sono da ritenere inderogabili.

Sulla base di tali considerazioni, e soffermandosi sulla fattispecie sottoposta e sulla valutazione concretamente operata dalla stazione appaltante in merito alla rilevanza del reato di aggiotaggio, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il giudizio di quest'ultima, in cui si afferma il disvalore del reato in questione in relazione alle dinamiche fiduciarie dell'appalto, sia da ritenere congruo.

Secondo il giudizio del Collegio, infatti, poiche' il reato di aggiotaggio altera il gioco normale fra domanda e offerta nel mercato (da cui la definizione di ''market abuse''), non puo' non refluire sull'attivita' professionale di imprenditore e legale rappresentante di una societa' che deve garantire alla P.A. con cui aspiri a contrarre, l'affidabilita' e l'assoluto rispetto delle regole e della concorrenza, che sono intaccate dall'aver riportato la condanna in questione.

Tanto basta, secondo i giudici di Palazzo Spada, a minare il rapporto fiduciario con la p.a., ed a supportare la verifica negativa dei requisiti ai sensi dell'art. 48 del Codice dei contratti, posta alla base del diniego di approvazione del contratto e del provvedimento di ritiro dell'aggiudicazione.

FONTE ANCE

 


 
 
 
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