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SUPERBONUS, LA BANCA O COLUI CHE ACQUISTA IL CREDITO NON RISCHIA.
08/01/2021

Rischia il contribuente, a meno che, non ci sia concorso in violazione del cessionario o del fornitore.

Precisiamo, ai fini del presente articolo, che il fornitore e' colui che effettua lo sconto in fattura (impresa), mentre il cessionario e colui che acquista il credito dal contribuente (banca o altri soggetti)

L'art. 121 del Decreto rilancio (DecretoLegge 34/2020 convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e successive modifiche) fissa le condizioni e le modalita' operative per la cessione o per lo sconto in fattura in luogo delle detrazioni fiscali.

In pratica, i soggetti che sostengono le spese per gli interventi relativi al superbonus 110%, ecobonus ordinario, superbonus ordinario, recupero del patrimonio urbanistico e bonus facciate, possono optare al posto dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, per lo sconto in fattura (quindi si cede il credito al fornitore o impresa che ha eseguito i lavori) o per la cessione del credito ad altri soggetti (CESSIONARI) compreso le banche o altri intermediari finanziari. Questi soggetti che acquistano il credito o effettuano lo sconto in fattura possono utilizzare il credito acquistato direttamente (Effettuando la detrazione fiscale) o cederlo ad altri soggetti.

Ma cosa succede se a seguito di controllo dell'ENEA o dell'Agenzia delle Entrate viene riscontrato che il contribuente, cioè il committente, non aveva diritto alla detrazione?

Il comma 5 dell'art. 121 del decreto rilancio dispone quanto segue:

Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, "cioè i soggetti che sostengono le spese agevolate". (committenti o contribuenti)

Per quanto rigurada la responsabilità dei cessionari o fornitori (banche, altri soggetti o imprese), Il comma 6 dell'art. 121 del decreto rilancio riporta:

Il recupero dell'importo di cui al comma 5 è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dell'articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi.

Quindi i cessionari o fornitori rischiano solo in presenza di "concorso della violazione", per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto.

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Il professionista che effettua le asseverazioni e' invece soggetto, sia a sanzioni penali, sia ad una sanzione amministrativa che va da euro 2.000 a euro 15.000 per ogni attestazione o asseverazione infedele resa. Resta sempre il fatto che il contribuente puo' rivalersi sul professionista nel caso in cui la responsabilita' del procedimento che determina il recupero del credito da parte dell'agenzia delle Entrate sia di quest'ultimo.

Per meglio comprendere le casistiche delle responsabilita' a carico dei cessionari o fornitori (coloro che acquistano il credito) riportiamo di seguito due risposte presenti nella circolare n. 30E dell'Agenzia delle Entrate

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Faq n. 5.1.8

Domanda:

Qualora si opti per la cessione della detrazione spettante, il credito d’imposta corrispondente, può essere recuperato in capo al cessionario, in assenza dei presupposti per l’applicazione della detrazione?

Risposta:

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 121 del decreto Rilancio «I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto».

Al riguardo nella circolare n. 24/E del 2020 è stato precisato che se un soggetto acquisisce un credito d’imposta, ma durante i controlli dell’ENEA o dell’Agenzia delle entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito in “buona fede” non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta.

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Faq n. 5.1.9

Domanda:

D. Cosa si intende per “concorso in violazione” di cui all’articolo 121, comma 6, del decreto Rilancio?

Risposta:

Gli aspetti relativi alle sanzioni e alle responsabilità sono stati oggetto di chiarimento sia nella circolare n. 24/E del 2020 sia nella risposta all’interrogazione n. 5-04585 del 10 settembre 2020 presentata alla Camera dei Deputati.

In particolare, qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, in base all’articolo 121, comma 5, decreto Rilancio, si provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti del beneficiario della detrazione stessa, come, maggiorata degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, ai sensi dell’articolo 20 del d.P.R. n. 602 del 197315, e della sanzione per omesso o tardivo versamento di cui all’articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997.

Nel caso di concorso nella violazione, oltre all’applicazione di quanto disposto dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, il fornitore che ha applicato lo sconto e il cessionario del credito rispondono solidalmente con il beneficiario della somma detratta e dei relativi interessi. In altre parole, il fornitore/cessionario rispondono solidalmente:

- della sanzione (ai sensi dell’articolo 9, comma 1);

- della detrazione illegittimamente operata e dei relativi interessi (ai sensi dell’articolo 121, comma 6, del decreto Rilancio).

Come è stato precisato nella risposta all’interrogazione n. 5-04585, «i destinatari degli esiti del controllo sono, quindi, i beneficiari della detrazione (i soggetti che sostengono le spese agevolate), ovvero anche i fornitori in solido nel caso di concorso nella violazione».

Al di fuori dell’ipotesi di “concorso”, i fornitori e i cessionari «rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto» (così il Provvedimento di attuazione del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 agosto 2020, punto 7).

Nel caso di specie, per la configurabilità del concorso di persone, anche ai fini del recupero della somma detratta e degli interessi, valgono i criteri generali in materia sanzionatoria, come illustrati dalla circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, secondo cui «Elementi costitutivi della fattispecie concorsuale sono:

1) una pluralità di soggetti agenti;

2) la realizzazione di una fattispecie di reato;

3) il contributo di ciascun concorrente alla realizzazione del reato;

4) l'elemento soggettivo.

Di seguito un esempio a maggior chiarimento.

Si ipotizzi che la spesa sostenuta sia pari a 40.000 euro, dando luogo a una detrazione pari a 44.000 euro (110% di 40.000). Si ipotizzi, inoltre, che il fornitore effettui uno sconto di 40.000 euro, in quanto lo sconto non può essere superiore al corrispettivo dovuto maturando un credito d’imposta pari a 44.000 euro. Nella sostanza, il beneficiario della detrazione non sostiene alcun esborso.

Nel caso in cui sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, secondo quanto emerge dal Provvedimento dell’8 agosto 2020:

a) l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni, nei confronti dei beneficiari della detrazione. Nel caso in esame, il recupero riguarderà l’importo di 44.000 euro, oltre a sanzioni ed interessi;

b) il fornitore o il cessionario che acquisisce il credito in “buona fede” non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta (nel nostro esempio, 44.000 euro) (cfr. circolare n. 24/E, par. 9).

Il fornitore o il cessionario risponderà solo in due casi:

- se l’Ufficio accerta il “concorso” nella violazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997;

- per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto (ad esempio, il fornitore compensa 50.000 euro anziché 44.000 euro). Tale seconda ipotesi, in realtà, non riguarda tanto la fruizione dei Superbonus quanto il corretto utilizzo di crediti d’imposta in compensazione.

 


 
 
 
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