I LUOGHI NORMATIVI DEL “RESTAURO”: un quadro generale di riferimento.
Data: 15/01/2008
Argomento: Tecnologie


di Alessandro Ferretti (fonte : altalex)
In un contesto prevalentemente “tecnico” trovare una collocazione idonea anche per una riflessione di carattere generale sullo stato dell'arte della legislazione in materia puo' risultare utile, soprattutto in una prospettiva operativa. Non si puo' dimenticare che nel quadro generale applicativo delle tecniche di restauro un capitolo importante, seppur precedente e con valore di presupposto, e' quello della visione legislativa del restauro e delle conseguenze direttamente collegate.

Il punto di partenza di questa brevissima analisi si fonda sulla osservazione del continuo mutare normativo che negli ultimi dieci anni ha interessato il settore del restauro e che trova ancora oggi difficolta' di rilievo per un compiuto assetto. Penso ad esempio all'applicazione dei commi 7, 8 e 9 dell'articolo 29 del Codice Urbani che ad oggi ancora non e' diventata pienamente operativa, creando non pochi imbarazzi agli operatori di settore. Ne' la disciplina transitoria di cui all'articolo 182 del Codice puo' avere valenza di carattere generale, vista anche la verbosita' del dispositivo, adatta piu' a creare confusione che certezza in merito alla acquisizione della qualifica di restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali.

Un primo abbozzo di disciplina compiuta del “restauro” si ha con il D.lgs. n. 490/1999 (Testo unico dei beni culturali) in cui l'articolo 34 presentava una sua definizione :”…per restauro si intende l'intervento diretto sulla cosa volto a mantenerne l'integrita' materiale e ad assicurare la conservazione e la protezione dei suoi valori culturali…”. Si osserva in dottrina che nel corpus del Testo unico del 1999 e' affermata l'assimilazione della conservazione al restauro, visto quasi come unico strumento a garanzia del bene culturale. In realta', ritengo che il punto da mettere in evidenza non sia tanto il contenuto tecnico della definizione offerta, quanto lo sforzo legislativo di porre delle disposizioni di apertura che sono dirette a rendere agevole l'applicazione delle misure normative previste nell'ordinamento giuridico.

Si pensi al passaggio dal Testo unico al Codice Urbani (D.lgs. n. 42/2004 e s.m.i.). In questo caso, il legislatore ha operato nell'articolo 29 una individuazione della nozione di restauro, non tanto e non solo a fini terminologici e definitori, quanto a fini di chiarezza e certezza sugli strumenti operativi inseriti nelle disposizioni successive, quali l'accesso ai cc.dd. contributi (art. 35 e ss.) e l'applicazione del regime delle autorizzazioni di cui all'articolo 21, comma 4.

Si tratta di un'impostazione fondamentale del “lavoro” del legislatore che non puo' sostituire il lavoro del “tecnico”, fornendo formulazione e definizioni rigide ed assolute, destinate ad essere inevitabilmente superate dall'evoluzione della tecnica e della materia scientifica. Si tratta, piuttosto, di offrire della categorie generali che delimitino l'ambito di applicazione delle norme che necessariamente dovra' adattarsi alla progressiva trasformazione della tecnica. 

In questa prospettiva, a mio parere, il legislatore del 2004 ha focalizzato il suo intervento su questi presupposti, fornendo delle indicazioni di carattere generale non solo sulla nozione di restauro, ma anche di altre attivita' proprie della conservazione, quali la manutenzione e la prevenzione, senza pretesa di offrire delle definizioni “tecniche”, ma solo volendo individuare gli ambiti di riferimento della applicazione di tali strumenti.

Scorrendo l'articolo 29 del Codice, si legge, ad esempio, che “…la conservazione del patrimonio culturale e' assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attivita' di studio, prevenzione, manutenzione e restauro…”; e che “…per prevenzione si intende il complesso delle attivita' idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto…”; ed, ancora, che “…per manutenzione si intende il complesso delle attivita' e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell'integrita', dell'efficienza funzionale e dell'identita' del bene e delle sue parti…”; infine, che “…per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrita' materiale ed al recupero del bene medesimo alla protezione ed alla trasmissione de suoi valori culturali…”. Lo sforzo legislativo e' risultato sicuramente ben indirizzato, avendo individuato, senza alcun irrigidimento nozionistico ne' funzionale, gli ambiti di applicazione delle tecniche di conservazione e restauro dei beni culturali. Restiamo adesso in attesa del successivo ed ulteriore sforzo di vedere finalmente individuati con certezza e chiarezza gli elementi formativi e formanti le qualificazioni professionali dei restauratori, passo necessario per la corretta e sicura applicazione degli strumenti di conservazione da parte di personale professionalizzato e, soprattutto, specializzato.

di Alessandro Ferretti 

(fonte : altalex.it)







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