Sommario: 1.
La legge di Good e il nocciolo della questione 2. Il
diritto di accesso nel codice dei contratti pubblici 3. Il
diritto di accesso nelle direttive comunitarie 4. La
discrasia legislativa fra l'Italia e l'Unione 5. Possibili
soluzioni (per l'operatore e per il legislatore)
di Alessandro Del Dotto (altalex)
1.
La legge di Good e il nocciolo della questione
Arthur Bloch, noto umorista statunitense, rammenta come la Legge di Good
costituisca una norma naturale fondamentale: «se hai un problema che
deve essere risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema».
Mi rendo conto che, ai massimalisti del diritto e, in specie,
alle vestali del diritto amministrativo, simile citazione possa
risultare sconveniente, un po' approssimativa e magari troppo profana.
Non e' mia intenzione, tuttavia, urtare la sensibilita' di alcuno; anzi, il
tentativo e' quello di porre un accento meno amaro su una realta'
che, talora, piu' che lasciare ritraendosi stupiti e disorientati,
finisce agendo per gettare nello sconcerto piu' assoluto.
Ecco, allora, che niente piu' della citazione sopra riportata e' capace di
esprimere il senso che, di fondo, tratteggia l'animo di chi si confronta
soprattutto a livello operativo piu' che teorico con la vigente disciplina
in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e con le
relative regole dell'evidenza pubblica.
Le continue variazioni normative, le diverse indicazioni pratiche dei giudici
e delle autorita' (Ministeri, Autorita' di vigilanza, etc.) rendono spesso
impossibile all'operatore affrontare con serenita' lo svolgimento di una gara
e l'indizione di una procedura ad evidenza pubblica.
E se questa e' un'osservazione che vale per tutto il Codice (si rammentano:
i tre decreti correttivi, la finanziaria, la sentenza della Corte
Costituzionale 401/2007 e, da poco, la procedura di infrazione la quale
ultima, pur senza effetti modificativi diretti, giustifica e prefigura
l'ennesimo intervento di modificazione normativa da parte dell'insediando XV
legislatore), ci si trova, in questa sede, nuovamente all'esame di un
ulteriore aspetto critico della normativa.
Nella recentissima pronuncia che qui si annota, di fatti, ad essere posto in
discussione e' ora il meccanismo dell'accesso agli atti o, quanto
meno, l'accesso agli atti all'italiana che stando ad una
pronuncia della Corte di Giustizia, pur relativamente all'assetto legislativo
prescelto da un altro Stato membro potrebbe non risultare particolarmente
rispettoso dei principi e delle regole della trasparenza (almeno,
nell'accezione che di quest'ultima hanno le istituzioni comunitarie).
Piu' nello specifico, ad essere posto nel dubbio di compatibilita' con il
panorama normativo comunitario e' il diritto di accedere alle informazioni e ai
dati relativi all'offerta tecnica.
La vicenda e' sintetizzabile nel quesito pregiudiziale alla soluzione della
controversia, posto dal Giudice del rinvio: l'organo responsabile delle
procedure di ricorso (in questo caso, un Giudice) deve garantire la riservatezza
e il rispetto dei segreti commerciali contenuti nei fascicoli ad esso trasmessi
dalle parti in causa, tra le quali rientra anche l'amministrazione
aggiudicatrice, pur avendo esso allo stesso tempo il diritto di venire a
conoscenza di siffatte informazioni e di prenderle in considerazione?
In effetti, se come nel caso oggetto di sindacato il ricorrente
intende accedere agli atti relativi ai dati dell'offerta tecnica e si vede
negare tale facolta' dall'amministrazione, viene il dubbio se tale accesso
possa concretamente avvenire laddove, pendente il ricorso, sia l'autorita'
giudiziaria adita a consentire l'accesso ai dati in un primo tempo negati alla
visione.
Cio' puo', comunque, avvenire soltanto laddove si abbia una chiara nozione
dell'oggetto dell'accesso e una idea certa sulla disciplina di questo
oggetto; in sintesi, e' implicito che, per rispondere alla domanda poc'anzi
riportata, vi sia da chiedersi se, comunque, quelle informazioni sono
normalmente accessibili oppure no.
2. Il
diritto di accesso nel codice dei contratti pubblici
Nel nostro Codice dei contratti pubblici (d.lgs.
n. 163/2006) il diritto di accesso e' disciplinato dall'art. 13 (Accesso
agli atti e divieti di divulgazione); questo articolo, in parte,
recepisce alcune delle indicazioni normative preesistenti al Codice, fra le
quali l'art. 22 della l.
n. 109/1994, l'art. 10 del d.P.R. n. 554/1999 e costituisce il recepimento
delle disposizioni dettate sul punto dalla normativa comunitaria (da cui, com'e'
noto, il Codice ha avuto origine).
Com'e' noto, al primo comma del citato articolo il legislatore nazionale
inquadra l'istituto nella piu' generale disciplina dell'accesso agli atti,
disposta dalla l.
n. 241/1990 e dal relativo regolamento (d.P.R.
n. 184/2006; entrambe queste norme sono state recentemente modificate); in
tal senso, dunque, il diritto di accesso, per come disciplinato dall'art. 13
del d.lgs.
n. 163/2006, costituisce norma speciale rispetto a quella generale della l.
n. 241/1990 (artt. 22 e sgg.).
Non disponendo diversamente, dunque, l'articolo 13 quanto a presupposti
e condizioni per poter essere titolari del (e poter esercitare concretamente il)
diritto di accesso fa riferimento alla legge sul procedimento
amministrativo.
Una prima serie di deroghe all'ordinaria disciplina della l.
n. 241/1990, tuttavia, la si trova gia' al comma secondo dell'art. 13:
sono i casi del c.d. differimento dell'accesso.
Ebbene, il potere di differimento e' previsto e disciplinato in via generale
dall'art. 24, comma 6, della l.
n. 241/1990 e dall'art. 9, comma 2, del d.P.R.
n. 184/2006: sostanzialmente, «il differimento dell'accesso e' disposto
ove sia sufficiente per assicurare una temporanea tutela agli interessi di cui
all'articolo 24, comma 6, della legge, o per salvaguardare specifiche esigenze
dell'amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in
relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento
dell'azione amministrativa».
In materia di appalti, comunque, il differimento e' previsto in specifici
casi e con termini massimi temporali (rectius, termini conclusivi del
periodo di differimento) ben delineati e precisi, a seconda del tipo di
procedura di selezione del contraente che sia stata selezionata
dall'amministrazione procedente:
1) nelle procedure aperte, il diritto di accesso viene temporaneamente
sterilizzato fino a che non e' spirato il termine per la presentazione delle
offerte ma solo in relazione al numero e all'identita' dei soggetti che hanno
fino a quel momento inviato i propri plichi e, dunque, la propria proposta
contrattuale (all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte:
art. 13, comma 2, lett. a);
2) nelle altre tipologie di procedure concorsuali la disciplina e' la
medesima (resta fermo il termine ultimo della presentazione delle offerte,
n.d.r.) con l'aggiunta che, all'accesso, oltre al numero e all'identita'
degli offerenti sono sottratti anche il numero e i nominativi dei soggetti
che hanno presentato istanza di partecipazione e che sono stati invitati ad
offrire (tale differimento, tuttavia, e' derogato per i soggetti non ammessi ad
offrire nonostante abbiano formulato istanza di partecipazione: art. 13, comma
2, lett. b);
3) in ogni caso, il diritto di accesso viene temporaneamente compresso se
esercitato per conoscere del contenuto e delle informazioni relative alle
offerte, mentre l'interessato potra' tornare a godere pienamente di tale
diritto solo dopo l'avvenuta approvazione dell'aggiudicazione (definitiva,
n.d.a.: art. 13, comma 2, lett. c).
Siffatto impianto normativo, del resto, non e' sconosciuto al nostro
ordinamento, nel quale fra l'altro si e' sempre sostenuto che «limiti
speciali in materia di diritto di accesso, orientati, rispettivamente, alla
esclusione dell'accesso e al suo differimento possono rinvenirsi soltanto
nell'art. 4 d.m. lavori pubblici 14 marzo 2001, n. 292 (il quale si limita a
differire l'accesso "...ai sotto elencati documenti sino a quando la
conoscenza degli stessi possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento
dell'azione amministrativa: a), b), c), d), e), f), (omissis) g) documenti
relativi a procedure concorsuali per l'aggiudicazione di lavori e forniture di
beni e servizi, nonche' atti che possano pregiudicare la sfera di riservatezza
dell'impresa o ente in ordine ai propri interessi professionali, finanziari,
industriali e commerciali"). L'ultimo comma dell'art. 4 citato precisa,
significativamente, che, "per una adeguata tutela degli interessi
richiamati, l'accesso e' consentito mediante estratto esclusivamente per notizie
riguardanti la stessa impresa o ente richiedente, fino alla conclusione delle
procedure di scelta del contraente"» (ex multis, T.A.R.
Puglia-Bari, sez. I, sentenza 3 settembre 2002, n. 3827).
Solo per precisione, merita rammentare che l'inoltro di una istanza di
accesso nelle more di una delle circostanze di cui al comma 2 non legittima
l'amministrazione interessata ad opporre un diniego all'accesso agli atti,
ma consente soltanto l'attivazione dei poteri di differimento in capo
all'ufficio: di modo che, all'istante, potra' comunicarsi che e'
possibile accedere solo dopo il ... e non che non e' possibile accedere
(da sempre, del resto, si sostiene che «non puo' essere negato il diritto di
una impresa che ha partecipato ad una gara di appalto di accedere a tutti i
documenti della procedura di gara sulla base dell'esigenza di tutelare la
riservatezza delle imprese partecipanti, (in assenza di specifiche disposizioni
regolamentari che annettano tutela preminente alla tutela di quella
riservatezza), visto che deve senz'altro ammettersi che tale esigenza possa
giustificare il solo differimento dell'accesso sino alla conclusione delle
procedure di scelta del contraente, ma non anche il diniego di accesso a gara
conclusa»: T.A.R. Puglia-Bari, sent. cit.).
Sul differimento, infine, il legislatore ha disposto sostanzialmente
che chiunque (specie nel caso di cui all'art. 13, comma 2, lett. b) viene a
contatto con informazioni che all'epoca del contatto stesso non
sarebbero accessibili, ha l'obbligo e il dovere di non divulgare tali
informazioni (art. 13, commi 3 e 4), cosicche' si configura un sistema di
responsabilita' condivise fra il pubblico ufficiale e il soggetto che espleta
l'accesso in una fase tanto particolare.
Una seconda serie di deroghe all'ordinaria disciplina dell'accesso agli
atti nelle gare di appalto, poi, e' prevista al comma 5 dell'art. 13,
relativamente ai casi di esclusione della possibilita' di accedere a talune
informazioni.
Per chiarezza, si osservi che stando al dettato normativo i quattro
casi di esclusione vanno, comunque, distinti in casi di esclusione
assoluta del diritto di accesso e casi di esclusione relativa.
Fra i primi rientrano quelle fattispecie concrete in cui si chiede di
accedere:
1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del
codice, che siano stati dati per la soluzione di liti, potenziali o in atto,
relativamente alla procedura e al contratto pubblico in questione (art. 13,
comma 5, lett. c);
2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di
collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto
(art. 13, comma 5, lett. d).
Pur concernendo fattispecie evidentemente particolari, appare doveroso
specificare che l'esclusione di cui alla lett. c) del comma 5 non appare del
tutto condivisibile, quantomeno in riferimento ad un caso particolare che
potrebbe, certamente, verificarsi: si pensi all'occasione in cui un'impresa
sia stata ammessa in virtu' di un parere legale che ha risolto talune incertezze
che l'amministrazione procedente aveva riscontrato, e che contro tale
ammissione altra impresa (che sarebbe stata vincitrice in caso di non ammissione
della prima anzidetta) intenda proporre ricorso; in simile fattispecie, se
l'amministrazione da sola e come spesso accade non ha palesato le
motivazioni dell'ammissione, disposta in sede di gara, ma ha fatto
semplicemente rinvio a quanto espresso nel parere legale acquisito, non e'
illogico ritenere che il parere costituisca ex se motivazione del
provvedimento di ammissione, pur restando materialmente e fisicamente distinta
da esso, e appare plausibile ritenere che su tale motivazione (parere legale,
n.d.a.) il soggetto che intende adire le competenti sedi di tutela non possa
vedere compresso il proprio diritto di accesso se non a pena di una
(ingiustificabile e incomprensibile) compressione del sotteso diritto,
costituzionalmente garantito, di difesa.
Se tali, dunque, sono le esclusioni che abbiamo detto assolute,
altre sono invece quelle relative: il riferimento e' alle
disposizioni di cui all'art. 13, comma 5, lett. a) e b), nelle quali e'
contemplata, per l'amministrazione, la possibilita' di opporre un diniego di
accesso ove si cerchi la libera disponibilita'
1) di informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a
giustificazione delle medesime, che rappresentino, sulla base di una motivata e
comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali, oppure
2) di ulteriori aspetti riservati delle offerte, da individuarsi in sede di
regolamento.
Pur se, ad un primo e sommario esame del testo del d.P.R. 28 gennaio 2008
(recante il nuovo regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice
dei contratti pubblici, emesso ai sensi dell'art. 5 di quest'ultima
norma), la previsione di cui alla lett. b) pare del tutto inadempiuta e mi
si passi il termine vuota (configurando, in tal senso, una
norma aperta per rinvio ai futuri sviluppi della fonte
regolamentare) essa assieme alla previsione della lett. a) trova una
eccezione nel comma 6 dell'art. 13, a ragione del quale «e' comunque
consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in
giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del
contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso».
Volendo aprire ad un ragionamento puramente giuridico, se l'accesso e'
diritto dell'interessato, ammesso in via generale dalla norma della l.
n. 241/1990, le compressioni di cui ai commi 2 e 5 dell'art. 13 del d.lgs.
n. 163/2006 altro non sono se non norma speciale e, comunque, eccezionale
rispetto alla lex generalis, da interpretarsi come l'operatore ben
sa in modo restrittivo (attenendosi a quanto tassativamente ed espressamente
contenuto in esse); mentre le deroghe a tali eccezioni, contenute nel secondo
periodo della lett. b), comma 2, dell'art. 13 e nel comma 6 di tale ultima
disposizione, consentendo una riespansione e riaffermazione del diritto
generalmente riconosciuto nel nostro ordinamento di accedere agli atti, possono
ben essere considerate eccezioni all'eccezione e, dunque
nuovamente , regola.
Orbene, e' proprio sulla disposizione che crea queste eccezione
all'eccezione, e cioe' sul comma 6 dell'art. 13, che si appuntano le
critiche e le censure della sentenza del Giudice comunitario da cui prendono le
mosse le riflessioni e le conclusioni cui si cerchera' di addivenire in questo
scritto: e', in sintesi, su quel diritto di accedere ad informazioni commerciali
e tecniche dell'altro offerente, motivato con la volonta' di tutelare
giurisdizionalmente la propria posizione giuridica, che si concentra la portata
della decisione in commento.
3. Il
diritto di accesso nelle direttive comunitarie
Prima, pero', di cimentarsi nella (forse) risolutiva analisi della questione,
preme rammentare pur brevemente (e con le indispensabili scuse allo
studioso) quali siano le indicazioni in ordine all'espletamento
dell'accesso ai documenti e alle informazioni della gara nel quadro normativo
comunitario.
La direttiva 2004/18/CE, ad esempio, prevede che fatte salve le
disposizioni della presente direttiva, in particolare quelle relative agli
obblighi in materia di pubblicita' sugli appalti aggiudicati e di informazione
dei candidati e degli offerenti, previsti rispettivamente all'Articolo 35,
paragrafo 4, e all'Articolo 41, e conformemente alla legislazione nazionale
cui e' soggetta l'amministrazione aggiudicatrice, quest'ultima non rivela
informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate
riservate; tali informazioni comprendono in particolare segreti tecnici o
commerciali, nonche' gli aspetti riservati delle offerte (art. 6, Riservatezza).
In sostanza, dunque, oltre alla disposizione specificamente dettata
dall'art. 35, comma 4 (talune informazioni relative all'aggiudicazione
dell'appalto o alla conclusione dell'accordo quadro possono non essere
pubblicate qualora la loro divulgazione ostacoli l'applicazione della legge, sia
contraria all'interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali
di operatori economici pubblici o privati oppure possa recare pregiudizio alla
concorrenza leale tra questi) e dall'art. 41 (le amministrazioni
aggiudicatrici possono decidere di non divulgare talune informazioni relative
all'aggiudicazione degli appalti, alla conclusione di accordi quadro o
all'ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione di cui al paragrafo 1,
qualora la loro diffusione ostacoli l'applicazione della legge, sia contraria
all'interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di
operatori economici pubblici o privati oppure possa recare pregiudizio alla
concorrenza leale tra questi), la norma dell'art. 6 letteralmente
simmetrica a quella del comma 5, dell'art. 13 manifesta una fondamentale
apertura delle istituzioni comunitarie ad altre e ulteriori forme di garanzia
del rispetto dei diritti e delle prerogative sviluppate da ciascun operatore
commerciale nel settore di operativita'.
Non risulta, invece, contemplata la mitigazione invece contenuta
nell'art. 13, comma 6.
Solo in modo alquanto forzato, si potrebbero intravedere segnali di
un'apertura simile a quella dell'art. 6 nel considerando n. 29 della
direttiva 2004/18/CE ove disponendo che le specifiche tecniche fissate
dai committenti pubblici dovrebbero permettere l'apertura degli appalti
pubblici alla concorrenza e che a questo scopo deve essere
possibile la presentazione di offerte che riflettano la pluralita' di soluzioni
tecniche. Pertanto le specifiche tecniche devono poter essere fissate in termini
di prestazioni e di requisiti funzionali e, in caso di riferimento alla norma
europea, o, in mancanza di quest'ultima, alla norma nazionale, le
amministrazioni aggiudicatrici devono prendere in considerazione offerte basate
su altre soluzioni equivalenti che soddisfano i requisiti delle amministrazioni
aggiudicatrici e sono equivalenti in termini di sicurezza per
dimostrare l'equivalenza, gli offerenti dovrebbero poter utilizzare qualsiasi
mezzo di prova, non escludendo (almeno apparentemente) il ricorso
all'accesso diretto alle informazioni contenute nell'offerta.
Parimenti, da altro contesto, e' dato desumere pur non con gli stessi
termini letterali che la reale incisivita' del diritto di difesa deve essere
sempre garantita: e' il caso della c.d. direttiva ricorsi
(direttiva CEE 89/665/CEE del 21 dicembre 1989, recante norme di coordinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative
all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli
appalti pubblici di forniture e di lavori, pubblicata nella G.U.C.E. n.
L395 del 30 dicembre 1989).
Tale ultima norma, del resto, dispone espressamente che le decisioni
prese dalle autorita' aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso
efficace (artt. 1 e 2), tale potendosi ritenere a parere di chi
scrive non solo un ricorso che sia contenuto nei tempi e negli adempimenti
istruttori richiesti ma anche quello che sia ben mirato nei contenuti, con tale
ultimo carattere presupponendo la conoscibilita' piu' ampia delle informazioni
relative al procedimento di gara e all'offerta e, dunque, l'accessibilita'
di quest'ultima da parte di chi intende tutelarsi evitando i c.d. ricorsi
al buio.
4. La
discrasia legislativa fra l'Italia e l'Unione
La sentenza della Corte di giustizia, tuttavia, apre uno scenario di assai
problematica composizione.
I giudici comunitari, infatti, non paiono aver preso nella benche' minima
considerazione le riflessioni che, pur brevemente, si sono poc'anzi fatte
sulla normativa del contesto comunitario. Anzi.
Nella vicenda concreta, oggetto di sindacato, i Giudici sono giunti ad
affermare che, in sostanza, non e' importante che il ricorrente abbia libero
accesso alle informazioni relative all'offerta del controinteressato (ivi
da intendersi in senso atecnico), bensi' che tale accesso sia garantito
all'organo chiamato a giudicare.
Detto altrimenti, e' plausibile negare l'accesso ai dati tecnici di
un'offerta.
La base di tale assunto e' costituita dal fatto che gia' l'ex art. 15 della
direttiva 93/36/CEE «prevede che le amministrazioni aggiudicatrici hanno
l'obbligo di rispettare il carattere confidenziale di qualsiasi informazione
fornita dai fornitori» (par. 37, sent. cit.).
Secondo la Corte, infatti, «l'obiettivo principale delle norme
comunitarie in materia di appalti pubblici comprende l'apertura ad una
concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri» e «per conseguire
tale obiettivo, e' necessario che le amministrazioni aggiudicatici non
divulghino informazioni relative a procedure di aggiudicazione di appalti
pubblici il cui contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza,
sia in una procedura di aggiudicazione in corso, sia in procedure di
aggiudicazioni successive»; «inoltre, le procedure di aggiudicazione di
appalti pubblici, per loro natura e per il sistema di regolamentazione
comunitario in materia, sono fondate su un rapporto di fiducia tra le
amministrazioni aggiudicatici e gli operatori economici che partecipano ad esse.
Questi ultimi devono poter comunicare a tali amministrazioni aggiudicatici
qualsiasi informazione utile nell'ambito della procedura di aggiudicazione,
senza temere che esse rivelino a terzi elementi di informazione la cui
divulgazione potrebbe recare pregiudizio a tali operatori» (parr. 34, 35 e
36, sent. cit.).
Insomma, leale e reale concorrenza, prima di ogni altra cosa.
E se anche, come nel caso in esame, sono in questione i caratteri
tecnico-qualitativi dell'offerta «il principio del contraddittorio non
implica che le parti abbiano un diritto di accesso illimitato e assoluto al
complesso delle informazioni relative alla procedura di aggiudicazione dei
mercati di cui trattasi che sono state presentate all'organo responsabile del
ricorso» (par. 51, sent. cit.); in tal senso, la soluzione suggerita dal
Giudice europeo e' che, stante che «che l'organismo competente a conoscere
dei ricorsi deve necessariamente poter disporre di tutte le informazioni
necessarie per essere in grado di decidere con piena cognizione di causa, ivi
comprese le informazioni riservate e i segreti commerciali» (par. 53, sent.
cit.), «tale organo, prima di comunicare tali informazioni ad una parte
nella controversia, deve dare all'operatore economico di cui trattasi la
possibilita' di opporre il loro carattere riservato o di segreto commerciale»
(par. 54, sent. cit.) nonostante che essa debba, comunque, «garantire la
riservatezza e il diritto al rispetto dei segreti commerciali con riferimento
alle informazioni contenute nei fascicoli che le vengono comunicate dalle parti
in causa, in particolare dall'amministrazione aggiudicatrice, pur potendo essa
stessa esaminare tali informazioni e tenerne conto» (par. 55, sent. cit.).
Ne' piu' ne' meno un meccanismo simile a quello c.d. del
controinteressato previsto nel nostro ordinamento con riguardo
all'accesso ai dati personali e sensibili (meglio nota come privacy).
Simile meccanismo, pero', non sussiste nel caso italiano.
Il Codice
dei contratti a differenza di quanto affermato, in linea di principio,
dalla Corte di giustizia afferma, da un lato, una generale inaccessibilita'
di talune informazioni e ne prevede, d'altro lato, la (incondizionata, n.d.a.)
accessibilita' quando, invece, si faccia valere la ragione dell'accesso ad una
tutela (difesa in giudizio) dei propri diritti e interessi.
Contrariamente proprio a quanto affermato dalla Corte (cfr. parr. 39 e 40),
in Italia e' sufficiente che un soggetto interessato formuli una richiesta di
accesso adducendo, a motivazione, la indispensabilita' degli atti domandati ai
fini di costituire idonea difesa in giudizio che quasi in via
automatica l'amministrazione e' obbligata per legge a concedere
l'accesso (ignorando qualsivoglia problematica di leale concorrenza).
Un unico limite poteva essere rappresentato dal fatto che costruire una
difesa in giudizio avrebbe potuto presupporre la sussistenza dei
termini per ricorrere in giudizio, di modo che ad esempio se sono
spirati i centoventi giorni, l'accesso agli atti potrebbe essere negato perche'
e' in re ipsa che nessun tipo di giudizio puo' ormai essere attivato:
tuttavia, anche siffatta costruzione puo' entrare in crisi solo ove si pensi
all'attuale fermento e dibattito intorno alla eliminazione della c.d.
pregiudiziale amministrativa (per la quale, in sintesi, l'annullamento
dell'atto amministrativo e' conditio sine qua non per l'accesso alla
successiva tutela risarcitoria); onde per cui, il termine per esercitare il
diritto di accesso ancorato a tale motivazione slitterebbe, nei termini, fino a
quello ordinario di prescrizione dell'esercizio del diritto al risarcimento
del danno.
Almeno in apparenza, dunque, i due ordinamenti (quello comunitario e quello
nazionale, n.d.a.) paiono molto meno allineati di quanto non sembri,
determinando, in questo senso, l'ennesima situazione di incertezza del diritto
ancora una volta sul Codice
dei contratti pubblici.
E si tratta, inoltre, di una fattispecie che alimenta anche un'antinomia
pure interna all'ordinamento italiano, che da un lato protegge i diritti della
proprieta' industriale e intellettuale e dall'altro li rende accessibili nel
settore dei contratti pubblici; e, se tecnicamente cio' trova una soluzione con
il principio di due lex entrambe specialis, ma l'una (contratti
pubblici) posterior all'altra (proprieta' industriale), ragionando di
principi e valori tale soluzione non pare minimamente condivisibile.
5.
Possibili soluzioni (per l'operatore e per il legislatore)
Di fronte a tali (ed ennesime) problematiche, si pongono interrogativi non
solo per il cultore del diritto, ma anche e soprattutto per
l'operatore (specie, la P.A.) che di quelle norme su cui grava l'incertezza
deve fare applicazione.
Una prima soluzione sta nella lettura comunitariamente orientata
della norma di cui all'art. 13, comma 6.
Del resto, ove si statuisce che l'accesso e' consentito al
concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi
non pare impossibile che la locuzione in giudizio sia da intendersi
quale giudizio instaurato, sostanzialmente rendendo la fattispecie
del comma 6 simile a quella conclusivamente disposta dal Giudice comunitario,
laddove le informazioni normalmente riservate sarebbero nella
disponibilita' di un Giudice che ne regolerebbe modi e quantita' di accesso.
A ben vedere, tuttavia, siffatta ricostruzione rischia pero' di
palesarsi eccessivamente forzata, in quanto pone in gioco una visione
dell'istituto dell'accesso che, sicuramente, non e' quella posta alla base
del nostro ordinamento in materia.
Una seconda soluzione potrebbe, poi, essere quella di ritenere che si
applichi al caso di accesso alle informazioni richiamate nell'art. 13, comma
5, lett. a) l'istituto della chiamata del controinteressato, gia' conosciuto
dalla disciplina dell'ordinario accesso agli atti relativamente alla tutela
degli aspetti della riservatezza (sic, Tessaro, Una ulteriore spallata
al codice dei contratti in sede europea (stavolta in materia di accesso, in
La Gazzetta degli enti locali, 2008, Maggioli ed.).
Tale impostazione, in sostanza, consentirebbe l'accesso ad informazioni
rispetto alle quali, pendendo una richiesta, il titolare e produttore di esse e'
chiamato dalla P.A. (la quale in quel momento dette informazioni detiene) a dare
il proprio assenso all'accesso richiesto (il riferimento cade sul fatto che il
comma 5, lett. a) dell'art. 13 si richiama a una motivata e comprovata
dichiarazione dell'offerente che dichiara sostanzialmente inaccessibile
l'offerta ed i suoi elementi); in caso di non prestazione del consenso, la P.A.,
bilanciando le posizioni (e, comunque, ponderando gli interessi e decidendo
quale fra l'interesse ad accedere e l'interesse a mantenere riservato
prevale), dovrebbe allora decidere se far prevalere l'una o
l'altra pretesa.
Pure tale soluzione, comunque, mantiene alcuni profili di dubbia
percorribilita'.
In primo luogo, sostenere tale tesi significa sostenere l'applicabilita' in
via analogica dell'istituto della notifica dell'accesso al
controinteressato, il quale invece si configura, come noto, quale
istituto di eccezionale applicazione nel sistema dell'accesso agli atti (e
infatti, lo si ammette solo per la tutela della riservatezza dei dati ex d.lgs.
n. 196/2003) che, in Italia, ammette (almeno teoricamente) ben poche
eccezioni alla regola generale della piu' assoluta reperibilita' degli atti
della P.A.; tale impossibilita' di percorrere le vie dell'analogia per
risolvere il problema, del resto, la si ricava ad esempio dalla ben nota
inammissibilita' dell'estensione dell'istituto della notifica a fattispecie
non espressamente contemplate dall'ordinamento giuridico (si pensi alle
frequenti e illegittime prassi di estendere lo strumento anche al caso
di accesso ad atti quali i permessi di costruire o i titoli edilizi).
In secondo luogo, tale tesi estensiva pecca in difetto rispetto
alla sentenza, che dichiara come vi siano informazioni totalmente e
assolutamente inaccessibili rispetto agli aspetti dell'offerta, mentre nel
meccanismo della notifica al controinteressato permane un margine
di discrezionalita' (il titolare delle informazioni cui si intende accedere
potrebbe negare l'accessibilita', ma la P.A. potrebbe comunque riconoscere
l'accesso) che la Corte di giustizia ha riconosciuto solo ad un giudice e non
anche alla P.A., troppo direttamente coinvolta nella decisione
sull'accessibilita' delle informazioni.
E', pero', vero che tale sistema potrebbe divenire soluzione al problema se
espressamente previsto e codificato dal legislatore (con l'ennesima
modificazione normativa al Codice
dei contratti).
Una terza soluzione forse maggiormente percorribile e che non impegna,
nel breve periodo, il legislatore in alcuna modifica e' quella che, nella
pratica, la P.A. in sede di enumerazione dei documenti necessari alla
partecipazione alla gara indetta (e, dunque, in sede di bando) preveda che
l'offerente che stia producendo un'offerta costituente segreto tecnico
o commerciale ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 5, lett.
a), alleghi apposita dichiarazione in sede di offerta, nella quale motiva e
documenta (motivare e documentare come due autonome e distinte attivita', n.d.a.)
siffatto carattere di segretezza della propria offerta.
In questo modo, a fronte della richiesta pervenuta, la P.A. potrebbe invocare
detta dichiarazione a sostegno di un proprio diniego giocato
sull'esigenza di tutela di un interesse che trova la propria fonte e il
proprio riconoscimento nel contesto internazionale, ad opporsi al quale
giunti a quel punto avrebbe titolo solo (e davvero, non pretestuosamente,
come nei timori della Corte che prefigura scenari in cui si fanno ricorsi a
posta per avere informazioni, n.d.a.) un Giudice realmente adito da un soggetto
interessato.
Cio' rispetto a qualsiasi altra soluzione e, comunque, in attesa
dell'intervento risolutivo del legislatore potrebbe almeno per ora tamponare
questa nuova falla che il diritto comunitario ha (di nuovo) aperto
nella gia' compromessa barca della legislazione nazionale italiana,
semplicemente non risolvendo il conflitto tra P.A. e soggetto istante ma
deresponsabilizzando la prima e spostando i problemi dell'istante ad un
confronto con chi, quella dichiarazione, l'ha composta e motivata.
Sempre in attesa del provvidenziale, prossimo ed ennesimo decreto
correttivo.
di Alessandro
Del Dotto (Altalex)