APPALTI PUBBLICI. La Sicilia va in rosso e segna un calo del 20%
Data: 15/09/2008
Argomento: dalle regioni


Annus horribilis per il mercato delle opere pubbliche in Sicilia, che soltanto nei primi quattro mesi del 2008 ha gia' registrato un calo del 20,14%, con punte del 55% a Ragusa e del 50% a Siracusa Dal 2007 al 2008 si e' registrato un crollo negli importi del 34,91%, passando dai 402 milioni di euro di lavori assegnati l'anno scorso ai 261 dei primi mesi di quest'anno.

di Eliana Marino

Piu' di un campanello d'allarme per l'Ance Sicilia, l'Associazione dei costruttori edili, che punta il dito contro la Pubblica amministrazione (“il peggior nemico delle aziende”, afferma il direttore Ferdinando Ferraro), i ritardi cronici accumulati nella passata programmazione europea 2000-2006 e la carenza di fondi da destinare al settore (“finora la Regione ha utilizzato i soldi del Por Sicilia per interventi che avrebbe invece dovuto coprire con fondi ordinari”, aggiunge Ferraro).

Se a questo si aggiunge il fatto che il prezzario regionale e' fermo da un pezzo e che mancano regole certe per il comparto, il quadro che ne viene fuori e' tutt'altro che consolante. E non si e' ancora messo piede nel campo minato delle infiltrazioni mafiose. “Confindustria – dice ad I love Sicilia il presidente regionale dell'Ance, Salvatore Arcovito – sta facendo un ottimo lavoro accendendo i riflettori su una provocazione culturale portata avanti dalle imprese.

Ma le provocazioni da sole non bastano. Occorre anche entrare all'interno del sistema per far sentire all'imprenditore il peso dello Stato”.

“Per questo – aggiunge Arcovito – chiediamo un'attivita' di monitoraggio attraverso la creazione di un elenco delle zone piu' a rischio e con un albo delle imprese sane, da depositare in Prefettura, massima caratterizzazione della trasparenza”.Quindi un appunto alla linea seguita da Confindustria finora: “Non basta espellere gli imprenditori vittime del racket, e sottolineo vittime, occorre creare i presupposti perche' il sistema sia il piu' possibile impermeabile alle infiltrazioni mafiose. Purtroppo temo che su questo argomento si preferisca cullarsi.

E non e' casuale che finora molti politici si siano limitati ad applaudire, senza poi far seguire azioni concrete”.


Un fatto e' comunque certo: il settore e' in stallo. E ad appesantire la situazione sta pensando anche la chiusura della vecchia programmazione Ue.

“Gli Enti appaltanti, dopo aver perso anni preziosi, adesso si trovano in affanno e hanno fretta di rendicontare.

Il rischio e' infatti quello di perdere i finanziamenti. Ma per potere rendicontare le aziende devono innanzitutto aver terminato i lavori.



Cosa impossibile visto che i cantieri sono stati affidati qualche mese fa”. Una impasse per uscire dalla quale l'Ance ha chiesto al governo regionale e a Bruxelles una proroga, cosi' da consentire alle imprese di terminare i lavori.

“Il fatto e' – fa notare Arcovito – che la nuova programmazione 2007-2013 non sembra essersi aperta sotto i migliori auspici e il rischio e' quello di ritrovarci nel 2013 con le stesse emergenze di oggi”.

Altro nervo scoperto e' quello degli Urega, ossia gli Ufficio regionali per l'espletamento di gare per l'appalto di lavori pubblici, meglio conosciuti come Stazioni appaltanti, istituite in base alla legge 109 del '94 (legge quadro sui lavori pubblici), recepita in Sicilia con la legge 7 del 2002.

L'obiettivo era quello di trasferire le competenze sulle procedure di affidamento degli appalti di lavori pubblici dagli Enti ad un unico ufficio, l'Urega per l'appunto, articolato su nove sezioni provinciali, dislocate nei rispettivi capoluoghi, e una sezione centrale con sede a Palermo. “Gli Urega – spiega il presidente di Ance Sicilia - avrebbero dovuto semplificare il settore e dare univocita' di comportamenti, ma cosi' non e' stato.

Ogni singola commissione, ogni singolo presidente ha finora deciso seguendo criteri soggettivi”.

Sulla stessa lunghezza d'onda Ferraro, che precisa: “Avevamo chiesto la Stazione appaltante per avere un'unica regia, ma il risultato e' stato diverso.

L'Urega avrebbe dovuto fare da guida anche per gli appalti inferiori ai 1.250.000 euro (all'Urega vengono trasferite infatti le competenze esclusivamente degli appalti con importo dei lavori a base d'asta superiore a un milione duecentocinquanta mila euro, ndr), stabilendo bandi tipo ai quali adeguarsi. Ma cosi' non e' stato”.

Il risultato e' un patto leonino con la pubblica amministrazione nel quale l'impresa ha quasi sempre la peggio.

FONTE: http://www.ilove-sicilia.it/





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