GOVERNO, PIANO CARCERI PER 80 MILA POSTI. Interventi per costruire nuovi penitenziari e ampliare quelli esistenti
Data: 19/01/2010
Argomento: Infrastrutture


Un nuovo piano delle carceri per portare le capacita' del sistema italiano di detenzione a circa 80 mila posti. Lo presentera' mercoledi' il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che ha anticipato la notizia nel corso di un intervento alla Camera. Il piano, ha puntualizzato Alfano, «sara' presentato in consiglio dei ministri assieme alla richiesta di stato di emergenza».


I TRE PILASTRI -
Il documento, ha detto il ministro, poggera' su tre pilastri. Vi sara' «un piano di edilizia giudiziaria che ponga il nostro Paese al livello delle sue necessita'», ha detto Alfano, vale a dire, «un livello capienza attorno agli 80mila posti».


Il «secondo pilastro» e' costituito da «norme di accompagnamento che attenuino il sistema sanzionatorio per chi deve scontare un piccolissimo residuo di pena».


Terzo e ultimo intervento, «una politica del personale». Dunque, ha spiegato il ministro, «saranno assunti 2mila nuovi agenti di polizia penitenziaria» per «migliorare la condizione complessiva delle nostre carceri».



LO STATO DI EMERGENZA -
Non si abusera' dello stato d'emergenza, ha precisato Alfano: «Lo stato d'emergenza non e' il preludio di un abuso, ma uno strumento di efficienza». Nel 2010, ha poi spiegato il ministro, «intendiamo realizzare un numero di posti che ci consentano di tamponare l'emergenza, affiancando una serie di norme che deflazionino la presenza in carcere».


A sollevare perplessita' sullo stato d'emergenza era stato il capogruppo del Pd, Dario Franceschini.



CARCERI E COSTITUZIONE -
«Confido che il Consiglio dei ministri accolga questa mia richiesta, perche' penso che solo attraverso questa via si possa riuscire a recuperare un vero significato dell'articolo 27 della nostra Costituzione» ha poi commentato Alfano. L'articolo in questione recita, al terzo comma, che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato».

 

Fonte: Corriere.it






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