MARIO DRAGHI SULLE RIFORME STRUTTURALI - ''Tanta innovazione e imprese competitive. Lo sviluppo non si fa con le scorciatoie''
Data: 28/04/2011
Argomento: Mercato e Impresa


L'analisi di Mario Draghi non lascia dubbi. L'Italia cresce troppo poco e per questo motivo le riforme strutturali non possono essere piu' rinviate, soprattutto in presenza di una evoluzione demografica sfavorevole e di un alto debito pubblico.
Sara' Mario Draghi, a meno di sorprese all'ultimo minuto, il futuro numero uno della Banca Centrale Europea. La candidatura viene costantemente accreditata dai piu' grandi organi di stampa d'Europa.
Un fatto di grandissima importanza per il prestigio dell'Italia.

Nel frattempo Draghi non smette di usare la sua autorevolezza e il suo prestigio per indicare al Paese i nodi da affrontare e le riforme da realizzare rapidamente, se vogliamo agganciare la ripresa e far ripartire lo sviluppo.



Nei giorni scorsi non ha usato mezze parole in un convegno a Palazzo Koch dal titolo "Europa 2020, quali riforme strutturali per l?Italia".
L'economia italiana cresce a ritmi troppo lenti. Numeri in affanno che non coincidono con quelli degli altri paesi dell'Unione europea. Ecco perche' noi "torneremo ai livelli precedenti alla crisi solo nel 2014".
Per innestare una nuova marcia, secondo il Governatore della Banca d'Italia, "dobbiamo essere consapevoli che non esistono facili scorciatoie". Occorre accrescere la spesa in ricerca e sviluppo senza contare sui soli sussidi pubblici, innovare di piu' nel mondo delle imprese, negli apparti ministeriali e nel sistema dell'istruzione.

Ma non basta. Serve "una maggiore competitivita' del sistema produttivo che non puo' essere ottenuta con sostegni e difese dalla concorrenza", ma con "un'attenta regolamentazione pro-competitiva dei mercati, ben disegnata e sorvegliata da regolatori indipendenti".
Un quadro realistico quello di Draghi, che ha concluso il suo intervento con una nota di ottimismo: "Lo sviluppo economico di un paese dipende dalle scelte operate giorno dopo giorno dai lavoratori, dalle imprese, dalle amministrazioni pubbliche, dai risparmiatori. In un paese che cresce lentamente vi sono tante imprese dinamiche, amministrazioni che innovano, giovani con un capitale umano di eccellenza mondiale. E da li' che bisogna partire".

Al momento, tuttavia, i numeri che contraddistinguono la nostra crescita economica non sono affatto confortanti. "Negli anni Ottanta l'economia italiana e' cresciuta del 27 per cento; negli anni Novanta del 17 per cento; tra il 2000 e il 2007, prima della crisi, e' cresciuta dell'8 per cento, mentre gli altri paesi dell'area dell'euro crescevano del 14.
Nel biennio 2008-09 la crisi ci ha tolto 6,5 punti di PIL; mentre gli altri paesi dell'area europea ne perdevano 3,7", ha spiegato Draghi nel suo intervento.
"Questi dati ? ha aggiunto il governatore di Bankitalia - esprimono sinteticamente la difficolta' delle imprese italiane a essere competitive, dei responsabili della politica economica ad attuare strategie di modernizzazione del paese, degli stessi economisti a orientare le proprie ricerche e a comunicarne al pubblico i risultati".

Secondo Draghi i motivi di preoccupazione sono gli stessi di cinque anni fa, rilevati nelle sue prime Considerazioni finali: "Una crescita lenta alla lunga spegne il talento innovativo di un'economia; deprime le aspirazioni dei giovani; prelude al regresso; preoccupa particolarmente in un paese come il nostro, su cui pesano un'evoluzione demografica sfavorevole e un alto debito pubblico".
"Scontiamo le scelte operate nei decenni precedenti ? ha spiegato Draghi ? nel volgere dei tre anni della crisi il debito e' salito ancora, di 15 punti percentuali del PIL, al 119 per cento, non lontano dai livelli dei primi anni Novanta".
E se la Commissione europea "ci esorta, con la nuova strategia Europa 2020, a perseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Tutto cio' - ha sostenuto Draghi - sara' possibile solo se gli indirizzi generali concordati a livello europeo si tradurranno in interventi nazionali concreti". Ovvero, almeno in Italia, in riforme strutturali.

Il nostro Paese dovrebbe darsi subito nuovi obiettivi: "aumentare la propensione all'innovazione del sistema produttivo, accrescere i tassi di occupazione, limitare le emissioni inquinanti e favorire l'autonomia energetica, ridurre l'incidenza della poverta'", ha chiarito Draghi. Facendo i conti pero' con i nostri punti deboli, gli stessi, anche se con minore entita', dell'economia europea: crescita modesta, tassi di occupazione non elevati, invecchiamento della popolazione.


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