TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO E LAVORO STRAORDINARIO. Puo' essere conteggiato solamente a condizione che abbia un carattere continuativo e non occasionale.
Data: 04/06/2007
Argomento: Personale dipendente


CASSAZIONE Sentenza 18 gennaio-3 aprile 2007, n. 8293.
I giudici della Suprema Corte sono nuovamente intervenuti sull’argomento del calcolo di quegli emolumenti che devono entrare a dar parte del calcolo per il trattamento di fine rapporto. Nella sentenza 8293 del 2007, hanno, infatti, stabilito che nella ipotesi di lavoro straordinario, lo stesso debba essere conteggiato nel calcolo a patto che abbia un carattere non occasionale.



La dottrina è intervenuta sul significato da attribuire alla espressione “titolo non occasionale”, e sul tema si sono formati due indirizzi:

  • il primo orientamento dà della norma codicistica (articolo 2120 c.c.) una lettura in termini quantitativi, sostenendo che debbano essere considerati non occasionali, tutti quegli emolumenti dotati del requisito della reiterabilità;

  • il secondo orientamento, di contro, ha preferito far leva piuttosto sulla qualità dell’emolumento corrisposto, dando, in tal modo, rilevanza al titolo della erogazione; secondo tale tesi, la “non occasionalità” configura una qualità estrinseca della somma corrisposta dal datore di lavoro, a prescindere dalla cadenza stessa della corresponsione, escludendo dal calcolo del TFR quanto derivi al prestatore di lavoro per ragioni rispetto alle quali il rapporto di lavoro si presenti come mera e semplice occasione.

La giurisprudenza (cfr. cass. 5 giugno 2000 n. 7488; Cass. 7 marzo 1990 n. 1796) ha aderito a tale secondo orientamento, stabilendo che la retribuzione (accolta dall’articolo 2120 II comma) prescinde dalla ripetitività, regolare e continua, e dalla frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, che vanno esclusi dal calcolo del TFR, in quanto sporadici ed occasionali.


In giurisprudenza è uniforme l’orientamento secondo cui il compenso per lavoro straordinario prestato non occasionalmente debba essere computato nel trattamento di fine rapporto (Cfr. Cass. 21 novembre 1998 n. 11815; Cass. 22 gennaio 1998 n. 596; Cass. 15 dicembre 1990 n. 11945; Trib. Milano, 16 dicembre 1994).


Arrivando alla questione concernente la sentenza in oggetto, il tutto nasceva dal fatto che un lavoratore era ricorso al giudice del lavoro per farsi riconoscere le differenze retributive dovute a titolo di rideterminazione del TFR come conseguenza della computabilità del compenso per lavoro straordinario; il giudice di primo grado condannava l’azienda al pagamento in favore del lavoratore; la sentenza veniva impugnata dall’azienda e veniva riformata dalla Corte di Appello, la quale respingeva al domanda del prestatore di lavoro condannandolo, altresì, anche alla refusione delle spese, sulla base che nella specie fosse maturata la prescrizione eccepita dalla azienda stessa, in quanto il TFR sorge al momento della cessazione del rapporto di lavoro (e da tale momento decorre il termine prescrizionale), mentre non può attribuirsi alcun rilievo alla comunicazione degli accantonamenti nel corso del rapporto.


La questione veniva sottoposta alla attenzione della Suprema Corte; i giudici di legittimità stabilirono a tal riguardo che il lavoro straordinario si conteggia nel calcolo per il TFR, a patto e condizione che rivesta un carattere continuativo e non occasionale; e in ogni caso tali ore di lavoro prestate come straordinario non devono risultare nei periodi di paga considerati in maniera occasionale o transitoria.








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